di DARIO ANTISERI LA SOCIETÀ aperta e i suoi nemici è l'opera che Karl Popper ha dedicato ...
L'opera si divide in due volumi, il primo dei quali è dedicato a Platone e il secondo ad Hegel e Marx falsi profeti. Il titolo del primo volume è: «Platone totalitario». Nell'interpretazione di Popper, infatti, il programma politico di Platone è «semplicemente totalitario». Certo, Popper è persuaso che «Platone sia stato il più grande di tutti i filosofi», in quanto le sue conquiste intellettuali sono di «una grandezza straordinaria». Tuttavia, quel che Popper - nella scia di una tradizione storiografica di grande serietà - ha ribadito sino alla fine dei suoi giorni è che Platone fu un grande uomo che commise grandi errori. E il grande errore di Platone è consistito, ad avviso di Popper, nell'aver messo il suo sommo ingegno a servizio della società chiusa: «il programma politico di Platone, lungi dall'essere moralmente superiore al totalitarismo, è fondamentalmente identico ad esso». Platone fu il Giuda di Socrate. «Chi deve comandare»: è questa, secondo Platone, la domanda cui dovrebbe rispondere il teorico o filosofo della politica. «Chi deve comandare?»: devono comandare i filosofi, rispose Platone. E la stessa domanda ha ricevuto, di volta in volta, differenti risposte: devono comandare i capi religiosi; deve comandare un re di stirpe divina; devono comandare i militari; no, devono comandare i migliori del popolo; anzi, è meglio che comandi uno solo, il tiranno o un principe armato; deve comandare colui che è re per grazia di Dio; che è re per grazia di Dio e volontà della nazione; chi è re per volontà della nazione; devono comandare i tecnici; deve comandare il popolo; questa o quella razza; questa o quella classe. La teoria della politica, insomma, è andata dalla ricerca della giustificazione, della legittimazione, del potere di qualcuno, di qualche gruppo, di una razza, di una classe e così via. E, a prima vista, l'interrogativo relativo a chi debba comandare sembra addirittura scontato, inviolabile nella sua plausibilità. Sennonché, ha precisato Popper, siffatta pretesa è una pretesa irrazionale. Ed è una pretesa irrazionale giacché andare alla ricerca della giustificazione del potere nel senso che a qualcuno o a qualche gruppo inerisca quell'attributo della sovranità sugli altri - oggetto che il teorico della politica dovrebbe scoprire - equivale ad andare alla ricerca di ciò che non esiste. Nessuno, infatti, è venuto al mondo con l'attributo della sovranità sugli altri. La domanda di Platone è sviante, ha inquinato l'intera teoria politica dell'Occidente. È una domanda irrazionale. Razionale, piuttosto, è, secondo Popper, quest'altra domanda: «Come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?» È questa la domanda sottesa alla società aperta. Non chi deve comandare, ma come controllare chi comanda: questo vogliono sapere uomini che, consapevoli della propria fallibilità, costruiscono, perfezionano e proteggono le istituzioni democratiche, al cui interno uomini fallibili possono convivere - nella continua proposta di alternative e nella critica delle soluzioni proposte - con altri uomini fallibili portatori di idee ed ideali diversi e magari contrastanti. Sta qui la ragione per cui la società aperta, che è chiusa solo agli intolleranti, trova la sua negazione nella «società-perfetta». Sviante è la domanda di Platone perché, appunto, ci manda alla ricerca di ciò che non esiste. E funesta fu la sua risposta, secondo la quale devono comandare i filosofi. Devono comandare i filosofi perché loro, sostiene Platone, sanno che cosa è il Bene e che cosa è il Male - una conoscenza che li legittimerebbe ad imporre il Bene ed eliminare il Male, ad ogni costo, anche al costo di lacrime e sangue. La pretesa fatale di avere in mano la Verità assoluta è l'errore da cui sono scaturiti gli orrori di ogni totalitarismo. E, d'altro canto, bisogna guardarsi dalla superficialità di quanti in questi ultimi tempi non si stancano di ripetere che