Feuilleton da appendicite che fa pensare poco
I colpi di scena proposti dallo sceneggiato ricordano la letteratura popolare di fine Ottocento
Gli ingredienti c'erano tutti: amore e odio, tradimento e morte, delitto e castigo. Le immagini, tutte "ad hoc": corpi che si abbracciano con caminetto propiziatore; cavalli al galoppo; proterva sbirraglia; incursioni notturne; baci ardenti e baci mordenti; folle tumultuanti che inneggiano al boia e alla sua scure e poi applaudono Fabrizio ed Elisa. Tutti e due salvi dalle infami tresche della maliarda Lucrezia von Necker (un bel cognome tedesco fa sempre il suo effetto) e del perfido governatore Ranieri; tutti e due gratificati dalla benedizione del re che invita la coppia a rilassarsi in un tenero abbraccio. E lei teneramente confida all'amato che è in attesa di un pargolo. Ma prima c'è posto per un bel discorsetto sulla vera nobiltà (quella dell'animo, "ça va sans dire"). In ogni caso, Elisa potrà fregiarsi del titolo di contessa, con giuste nozze incorporate. Plaude la folla che si è persa una testa mozzata, ritrovandola integra sul collo del giovin signore ingiustamente accusato di tradimento e poi disvelatore di congiure. Grazie ad Elisa, donna del popolo ma monarchica convinta. Il tutto è impreziosito da frasi memorabili. Citiamo alla rinfusa: «Amo la curva tenera della tua nuca»; «A presto: speriamo non sulla forca»; «Voi, senza di me, siete un morto che cammina»; «La troverò e la ucciderò il più lentamente possibile»... Che dire? Che differenza c'è tra i "consumatori" di questi patinati fumetti video e i "consumatori" otto-novecenteschi dei "feuilleton" di Matilde Serao e Carolina Invernizio? A nostro avviso, nessuna: l'"appendice" del sogno-bisogno è un "allegato" significativo nella vita di tutti. Storie, tra l'altro, dove i conti tornano: il Bene, sia pure dopo indicibili strazi, ha la meglio sul Male, la giustizia vince, le classi inferiori, Gramsci docet, si prendono la loro rivalsa. L'appendice contro l'appendicite, se è vero che questa è una malattia psico-somatica causata dallo stress. Però la Tv non può venir meno ai suoi doveri "sociali". Allora, visto che, a dispetto dell'Università per tutti o quasi, si parla di "analfabetismo di ritorno", la Tv si adegua, curandone la diffusione. E restando "ai piani bassi". Non è mai troppo tardi per disimparare: o per imparare quanto sia consolante non pensare.