di MAURIZIO MARINI IL FASCINO di un pittore come Giovanni Francesco Barbieri (Cento di Ferrara, ...
Alla «vista» si affianca il cannocchiale galileiano, all'«olfatto» la ricerca scientifica sui fiori e sui profumi, mentre il «tatto» scopre un universo di nudità divine o profane nell'interpretazione rubensiana e il «gusto», al di là del peccato capitale, mette a punto l'arte di Bacco e quella cucinaria (con Bartolomeo Scappi), ottenendo infine dall'«udito» le sovrane armonie della lettura poetica e della musica col prodigioso perfezionamento della liuteria. Questi sono i «moti dell'anima» che compenetrano «poesia e sentimento» nella pittura del Seicento e, nel caso specifico, del Guercino, cui l'infermità non impedì di riannodare le fila della grande tradizione costituisce il denominatore visivo. Le suggestioni dei chiaroscuri venetizzanti fanno parte dell'espressione più profonda del giovane Guercino, il quale sulla via del rinnovamento accademico in atto a Bologna coi Carracci, ottiene il favore di papa Gregorio XV Ludovisi che, nel 1621, lo chiama a Roma. Il rientro a Bologna in seguito alla morte del pontefice e l'involuzione in chiaro, secondo l'ottica di Guido Reni, sono tra i paragrafi attinenti alla mostra «Guercino - Poesia e sentimento nella pittura del '600» - che giunge a Roma (fino al 30 giugno) in uno spazio espositivo nuovo e ottimamente recuperato a tal fine, la cosiddetta «Ala Mazzoniana» della Stazione Termini. Il Guercino accoglie il suo pubblico con l'«Autoritratto» della collezione Feigen di New York, mentre quadri come la «Madonna col Bambino benedicente» e i «paesaggi», nell'ordine, con «La Mole Adriana e i Prati di Castello», con l'«Aniene il Mausoleo dei Plauzi e Ponte Lucano»; col «Bagno di Diana» e col neo-dossesco «Concerto sul fiume» costituiscono il significativo contrappasso per lo straniante «Et in Arcadia ego» con la morte e i pastori d'Arcadia e per il lussurioso amore di «Venere e Marte» (nella foto), logo della mostra purtroppo assente ingiustificato da Roma(!). Va immediatamente premesso che le finalità tematiche della rassegna (a cura di Denis Mahon, Massimo Pulini e Vittorio Sgarbi) appaiono relativamente disattese e confuse dalla quantità delle opere esposte, per lo più di artisti eccellenti, come il Borgianni, ma la cui presenza non costruisce la trama connettiva per una chiara comprensione del «sentimento e della poesia» seicenteschi, oscuri anche nei contributi in catalogo, fatti salvi la prefazione di Denis Mahon e il saggio di Claudio Strinati che ripercorre utilmente «La riforma dei bolognesi nella decorazione pittorica a Roma». Molte delle illustrazioni a corredo tradiscono un'attribuzionistica tutta da verificare, ma che coinvolge comunque la «Fanciulla dormiente» di Budapest; il «Paesaggio con la Sacra Famiglia e San Giovannino Battista» del Fitzwilliam Museum di Cambridge (riferita al Guercino); il «Sant'Antonio da Padova col Bambino» di collezione bolognese (riferito al Guercino); il «David con la testa di Golia» del Museo dell'Aja (dato al Cavedoni); il «Cristo portacroce» di collezione privata di Forlì (dato al Tiarini). Inoltre, difficilmente può essere accreditata a Flaminio Torri la «Maddalena dormiente» (di Camillo Gavassetti?), pertinente alla Pinacoteca di Bologna, mentre non è del Guercino il «Ritratto di compositore» della Galleria Pratesi di Firenze.