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La critica stronca «Passion»: «È un film sadico»

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Le associazioni ebraiche fanno autocritica: «Abbiamo solo elargito pubblicità gratuita all'opera»

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Per Denby, considerato uno dei critici più autorevoli negli Usa, il kolossal sulla Crocifissione è «un nauseante viaggio di morte» che tradisce il messaggio di Cristo «trasformandolo da un vangelo d'amore a un messaggio di odio» e che alterna momenti «da film cimiteriale dell'orrore» ad altri «da tedioso film d'arte». Variety, film sadico - Ma non è solo una voce degli intellettuali newyorchesi che ha sparato a zero sulla «Passione» di Gibson. «La sua violenza è quasi pornografica», ha scritto il giornale di spettacolo Hollywood Reporter. E se Variety ha reso omaggio a Gibson per aver investito i suoi soldi in un progetto dove «ha messo il cuore», in questo proponendosi «come una reale e rara incarnazione di cinema indipendente», lo stesso giornale di Hollywood ha stigmatizzato «la scarsa modulazione drammatica della pellicola», che lo rende poco meno di «un trattato tecnico su come si crocifigge una persona». La violenza della «Passione» ha scioccato anche Newsweek: «Il film che ha ispirato lodi sperticate tra i cristiani evangelici è in realtà una pellicola fondamentalista che nessun minore dovrebbe vedere», ha scritto il settimanale secondo cui «non è l'antisemitismo che colpisce, ma il sadismo» con cui Gibson ha trattato il suo soggetto. Ebrei ci ripensano, gli abbiamo fatto pubblicità - Alla vigilia del debutto nelle sale il dibattito sulla violenza del film divide l'America. Intanto però tra gli ebrei alcuni hanno avuto ripensamenti dell'ultima ora accorgendosi che le polemiche delle ultime settimane sull'anti-semitismo potrebbero essere state un boomerang: lungi dal dissuadere pubblico dal comprare biglietti, hanno fatto di un film grondante di sangue e girato interamente in latino e aramaico un improbabile campione di incassi annunciato. Secondo David Harris, direttore esecutivo dell'American Jewish Committee, il dibattito sull'anti-semitismo della «Passione» è stato un errore tattico che ha garantito al film di Gibson una gigantesca pubblicità gratuita. «È un difficile gioco di equilibrio, il film è problematico e preoccupante, ma non vogliamo far nulla che crei attenzione e assicuri un successo al botteghino», ha osservato Harris, in aperto contrasto con Abraham Foxman, il capo dell'associazione AntiDefamation League che per mesi ha fatto campagna sui giornali e in televisione contro l'anti-semitismo della 'Passionè. Un enorme tam tam gratuito - La stessa posizione anti-Gibson era stata presa settimane fa dal rabbino Marvin Hier del Centro Wisenthal di Los Angeles in un articolo sul Los Angeles Times a quattro mani con Foxman. Ma anche Hier ha adesso ammesso che le sue azioni potrebbero aver creato un tam tam attorno al film di Gibson pur non pentendosi della presa di posizione. «Troppe volte nella storia noi ebrei siamo rimasti in silenzio e abbiamo pagato un prezzo enorme. È importante che non ripetiamo questo errore», ha detto il leader del Centro Wiesenthal.

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