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di PATRIK PEN APPRODA finalmente in Italia, circa 11 anni dopo la «prima» nella capitale della ...

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I nostri sovraintendenti hanno molto da imparare dal management della mostra internazionale di lirica che si tiene ogni luglio nella città di Roi René: spettacoli non effimeri ma destinati a durare, in co-produzione oppure allestiti in modo da poter essere facilmente «montati» su altri palcoscenici. L'«Orlando» ha un'accoglienza entusiasta da parte di un pubblico di provincia abituato a melodrammi verdiani ed al verismo pucciniano. «Orlando» è una delle opere che più furono care a Haendel nella veste non solo di compositore ma anche di impresario. All'Haymarket Theatre disponeva di appena cinque cantanti - tra cui il celebratissimo castrato Senesino; quindi, tagliò drasticamente il libretto di Carlo Sigismondo Salesi (da 1634 a 631 versi) eliminando molti ruoli secondari. Ne rimase un testo scarno, ispirato all'episodio centrale de «L'Orlando furioso» dell'Ariosto. Sotto il profilo del linguaggio musicale, in «Orlando» Haendel innova i canoni dell'«opera seria», senza rivoluzionarli: si libera dagli schemi formali. Nella «scena della pazzia» del secondo atto i movimenti e le forme si incastrano gli uni negli altri, mutando carattere ed identità, quasi senza mai chiudersi. Circa tre ore di musica, leggermente sforbiciate nell'edizione di Aix giunta in Italia. Nell'allestimento di Carsen una scena unica astratta si apre su elementi che rappresentano di volta in volta il Cielo, i boschi, le caverne e quant'altro: dominano il blu, il verde e l'oro. La regia è ripresa, con grande rispetto, da Jean - Phillippe Devault. La magia dello spettacolo è, però, nei suoi contenuti musicali. L'Accademia Bizantina guidata da Ottavio Dantone accarezza la partitura svelandone i lati più reconditi. Orlando è Sonia Prina, fisicamente perfetta «en travesti».

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