Di FRANCESCO CARELLA «UNA COSTITUZIONE rischia di rimanere una costruzione artificiale, ...
Max Scheler diceva che "mai e in nessun luogo i semplici trattati creano da soli una vera comunità". Oggi, al di là delle divisioni di ordine pratico, è questo il vero problema dell'Europa alle prese con la nuova Costituzione». Sono parole di Giovanni Reale, docente di storia della filosofia antica presso l'Università «Vita salute San Raffaele» di Milano. Il professore ha mandato in libreria, per l'editore Raffaello Cortina, «Radici culturali e spirituali dell'Europa», un volume che, ripercorrendo la storia dell'identità dell'uomo europeo, riapre le polemiche su alcune amnesie dei costruttori della "casa comune". «Il preambolo contenuto nella Carta - spiega Reale - è burocratico e nichilista. La casa europea si troverà ad avere fondazioni molto fragili, se non riscoprirà le proprie radici». Quali sono le radici? «Sono tre e tutte rilevanti. La cultura greca, il messaggio cristiano e la grande rivoluzione scientifico-tecnica iniziata nel Seicento. L'Europa deve molto alla cultura greca del VI e del V secolo a.C. È in questo lasso di tempo che nasce quella forma mentis teoretica che troviamo alla base della filosofia e delle prime forme di scienza. Si tratta di uno strepitoso terremoto culturale, che, determinando il passaggio dall'oralità "poetico-mimetica" alla "oralità dialettica", conduce alla scoperta dei concetti astratti. Questi ultimi sono il vero fondamento di ogni razionalità moderna. Ma c'è un'altra grande novità che l'antica Grecia ci ha donato: la scoperta della natura dell'uomo come "psiche". Solo con i greci s'incomincia a identificare il compito dell'uomo con "la cura dell'anima". Ed è proprio la "cura dell'anima" a rappresentare quel forte legame morale che fin dalle origini produce l'unità spirituale dell'Europa». Lo «spirito europeo» ha bevuto più alla sorgente greca o a quella cristiana? «Credo che la radice più potente derivi dal pensiero cristiano. Senza il Cristianesimo, l'Europa, così come la conosciamo, non sarebbe pensabile. Penso al concetto di uomo come persona, con la connessa rivalutazione del corpo umano. Si tratta di una nozione completamente sconosciuta al pensiero greco e alle altre culture; essa è in connessione con il concetto di "Dio come persona", che instaura un rapporto diretto con ciascuno degli uomini e da cui dipende la stessa idea di uomo-persona. Occorre, però, aggiungere che l'Europa è figlia anche di un'altra rivoluzione, vale a dire quella scientifica del Seicento fondata sull'applicazione sistematica del metodo matematico-sperimentale». Non sono pochi i commentatori che negano la necessità di una identità europea, ritenendo che l'Europa debba aprirsi a tutte le differenze. «Tutto questo è frutto di quel relativismo che altro non è se non una maschera del nichilismo. Sotto la proclamazione del pari valore di tutte le culture si cela un azzeramento dei valori. Mai dimenticare che non tutte le culture, come quelle che hanno fatto l'Europa, sanno interpretare le altre con rispetto e charitas».