di TIMISOARA PINTO UN TORO scatenato nella sala B della sede storica della radio in ...
Il luogo è sacrale e il colpo d'occhio suggestivo. 81 elementi d'orchestra, un'acustica da brivido e il decoro della sala restituiscono i fasti delle grandi performance del passato che in quella sala hanno dato lustro e prestigio alla nostra storia musicale. Sfrenato e incontenibile al ritmo del suo rhythm'n'blues "tirato", Adriano Pappalardo (nella foto) ha ordinato a quell'orchestra di rompere le righe, di sentire sulla pelle quelle note e lasciarsi andare. «Al grido: io sono un guerriero - spiega agli attoniti esecutori - sarebbe bello se voi vi alzaste in piedi rispondendo tutti in coro: sì!». La replica scatta immediata e loro sulle sedie, mentre il coro improvvisa una coreografia e non si capisce più neanche bene chi sia il vero direttore musicale, perché gli ammiccamenti di Pappalardo sottraggono lo sguardo dei musicisti dalla "regia" istituzionale di Luca Chiaravalle, autore e arrangiatore di «Nessun consiglio», la canzone del grande rientro. «Siete una carica dinamitarda - continua impetuoso - e non vorrei fare di questo Sanremo l'isola dei detenuti». E l'entusiasmo monta. Alla fine del pezzo, quando ai fini della ripresa televisiva Pappalardo avrà sicuramente lo sguardo in camera da vero duro, l'interprete leccese punta il dito e sussurra (certo, rispetto al resto dell'esecuzione): «Non ci provate ragazzi!". Finita l'esibizione palestrata, Pappalardo torna a Fiano Romano sul set ottocentesco della fiction dedicata a Santa Rita da Cascia, in cui veste i panni di un cavaliere ghibellino: «Un bel personaggio, cattivo al punto giusto». Allora Pappalardo, quale arma userà a Sanremo? «Nessuno potrà resistere al mio brano. Il pubblico a casa scoprirà che il Festival non è più quella mummia che era abituato a vedere. Scatenerò un temporale, farò il disastro e la gente in sala farà meglio ad allacciare le cinture di sicurezza». Cosa l'ha spinta dopo 18 anni di assenza a rimettersi in gioco come cantante? «Non ho mai avuto canzoni all'altezza e l'anno scorso la mia candidatura è stata bocciata. Avevo persino deciso di non vederlo più il Festival. Poi è arrivato il grande, grande, grande Renis ed ha fatto il miracolo, anche se hanno cercato in tutti i modi di boicottarlo. Negli anni passati gli artisti erano ridotti a semplici birilli, servivano da specchietto per le allodole con canzoni senza senso. In tutta la storia della rassegna ne salvo davvero pochi: Vasco Rossi, Ramazzotti e Alexia. Renis non ha privilegiato il look o i grandi nomi, è un grande amico, oltreché un grande musicista». Come è nato il suo brano, che ha tutta l'aria di essere autobiografico? «Dopo l'Isola mi sono rintanato in un hotel a Milano perché non volevo vedere nessuno. Poi ho sentito il bisogno di scaricare tutta l'energia che avevo dentro. Un giorno ha bussato alla mia porta un musicista di 2 metri e 9 centimetri. Era Chiaravalle. Mi ha fatto sentire il brano e non ho avuto dubbi: "Nessun consiglio" non è una canzone, è un inno. È un ringraziamento musicale, scritto sul pentagramma, per tutti i giovani che mi hanno seguito nell'Isola e contiene un messaggio che condivido in pieno, perché sono 58 anni che sento la gente dire: voglio darti un consiglio. I consigli finiscono per rovinare l'esistenza. Non date consigli ai giovani, devono fare la propria esperienza». Che risultato si aspetta? «Se vinco sarà una bella soddisfazione, se perdo non me la prenderò perché è giusto che vadano avanti i giovani. Il mio sogno è andare a vivere in Polinesia e forse dopo questo Festival me lo potrò permettere».