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PREMIO CALENDOLI

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Anche se da tempo l'autore argentino ha smesso di disegnarla, il suo messaggio piace così tanto che il Touring club junior ha pensato di organizzare un intero anno di festeggiamenti. La mostra itinerante, composta di 60 pannelli con 77 strisce e 50 tavole humor, partirà da Milano e andrà in tournée attraverso tutta l'Italia: dalla Lombardia al Veneto, dall'Emilia Romagna alla Sicilia, per approdare in settembre al Festival letteratura di Mantova. «Credo che il messaggio di Mafalda - afferma Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale Bompiani - sia valido a tutte le latitudini. Mafalda svela le ipocrisie e i pregiudizi della società occidentale, cioè del nostro tempo. È una maschera (nel senso preciso del teatro antico) della contemporaneità. Quarant'anni fa, come oggi, il mito del progresso e la banalità morale erano una realtà imperante. C'è stato un mutamento di quantità, non di qualità. Di qui, il valore di quel messaggio, che continua a fermentare e a suscitare consensi». Per il direttore editoriale Bompiani oggi è difficile fare satira e critica sociale coi fumetti: «Forse la diffusione massiccia dei fumetti americani dei super-eroi (Marvel e compagni) ha indebolito la volontà di fare genuina satira. Di Altan non ce ne sono molti, in giro, in altre parole». Se i cartoonist di trenta anni fa trasmettevano con ironia ma anche con saggezza messaggi di portata etica, ora - a giudizio della Sgarbi - è più difficile perché mancano le idee e la volontà. «Bisogna - sostiene - rivolgersi al fumetto amatoriale, o quasi, per trovare uno sfondo etico specifico. Ma come sappiamo, le élite si muovono lungo percorsi opposti a quelli della massa». Dopo tanto tempo dunque i mafaldiani potrebbero convertirsi ai Simpson americani? «A me pare - risponde la Sgarbi - che la satira dei Simpson sia in parte addomesticata, che è quello che succede quando la gente si aspetta già che a essere stigmatizzati siano proprio quegli elementi, quei dettagli, e non altri. È insomma una satira di regime abbastanza prevedibile. I mafaldiani - aggiunge - appartengono a un'altra epoca, il cui senso per fortuna si prolunga nel tempo. Ma è appunto un'altra epoca, il retaggio di un passato che attribuiva un valore etico alla satira. Mentre la satira dei Simpson è spesso solo un sintomo, un riflesso». Se il piccolo eroe di carta che Quino disegnava esprimeva le tendenze di una gioventù irrequieta, rappresentava un'anarchia adolescenziale, aveva confuse idee politiche, oggi è arduo identificare in cosa gli adolescenti si riconoscano. «Essere cinici - chiosa Elisabetta Sgarbi - a volte, significa soltanto rendersi impermeabili alla diversità. Ma è questa che stimola la critica, l'irrequietezza più autentica. Voler essere diversi dagli altri, sostenere idee che eccedono e travalicano la media acquisita. Se gli adolescenti sentono in se stessi questo stimolo, questo pungolo, allora c'è speranza. Per il fumetto e per tutto il resto. Credo sia salutare farsi cultori, in ogni campo, di un pessimismo critico. Perciò, lunga vita a Mafalda e a chi saprà ereditarne il facile-difficile messaggio». Un elogio del passato, quando Mafalda rappresentava uno spirito di rivolta allegro, emerge anche nelle parole di Mario Andreose, direttore editoriale Rcs libri e cultore dei fumetti: «La società di oggi - accusa - ha appiattito le differenze degli obiettivi. Gli anni Settanta, quando Quino disegnava le strisce, erano il periodo in cui le generazioni partecipavano alle contestazioni, rifiutavano la realtà e l'educazione proposta dai genitori. Era un momento di rivoluzione, di scontro generazionale, di valori forti in contrasto come quelli tra innovazione e tradizione». Secondo il direttore editoriale Rcs, si continua a parlare di Mafalda perché il suo personaggio sopravvive come un classico. Per Andreose si tratta di una specie di staffetta generazionale: nonni e padri raccontano ai figli e ai nipoti il fumetto più amato nella loro ad

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