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Gli Alleati fermarono Anders per non urtare Stalin

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Ma se i soldati polacchi, dopo aver conquistato Montecassino, non fossero stati obbligati a fermarsi, molto probabilmente sarebbero stati loro ad entrare da trionfatori a Roma. E, in quel caso, la seconda guerra mondiale si sarebbe forse conclusa in un altro modo. E Stalin non avrebbe potuto imporre tanto facilmente il giogo comunista alla Polonia. Del resto, anche Giovanni Paolo II una volta ha avallato questo scenario apparentemente fantasioso. E non da patriota ma da profondo conoscitore della storia nazionale. Ha detto infatti che i soldati impegnati nella battaglia di Montecassino «erano persuasi che, partecipando alla soluzione dei problemi riguardanti tutta l'Europa, stavano percorrendo la strada che li conduceva alla Polonia indipendente». Ma cominciamo dall'inizio, dal 17 settembre del 1939. Quel giorno, mentre già stava disperatamente difendendosi dall'invasione tedesca ad Ovest, la Polonia venne attaccata ad Est dall'Armata Rossa. Era la conseguenza del famigerato patto Ribbentrop-Molotov tra Germania nazista e Russia comunista. Occupate le regioni orientali, seguì la deportazione di un milione e mezzo di polacchi nei gulag della Siberia e dell'Asia centrale. Finché, scoppiato il conflitto con la Germania, Stalin accettò la formazione di un esercito polacco, con alla guida il generale Wladyslaw Anders, il quale, proprio perché prigioniero alla Lubianka, si era salvato dal massacro di Katyn. Più tardi arrivarono altri soldati e ufficiali, usciti clandestinamente dal Paese. Ma il grosso del 2° Corpo d'armata polacco, circa 50 mila uomini, era formato da ex deportati. E appunto per questo aveva preso il nome di V divisione «Kresowa». Da "kres", che significa confini, in ricordo dei territori orientali invasi dalla Russia, e da dove loro erano stati cacciati. Ecco perché i polacchi accettarono quella sfida disperata, la conquista di Montecassino, dopo che tutti gli altri avevano fallito. Accettarono per dimostrare al mondo che cosa volesse dire combattere per la libertà propria e la libertà degli altri; ma anche sperando di poter un giorno tornare nelle loro terre, finalmente liberate. Così, tra il 17 e il 18 maggio del 1944, si lanciarono per la seconda volta su per le rocce. C'erano anche cinque compagni di ginnasio di Karol Wojtyla: Kluger e Czuprynski in artiglieria; Romanski, Bernas e Kogler in fanteria. Vinsero la battaglia. Vinsero anche quella successiva smantellando la "linea Adolf Hitler", nella valle del fiume Liri. Ma poi arrivò quello strano ordine di "riposarsi". E arrivò anche dopo la conquista di Bologna. Temevano che quei soldati vittoriosi puntassero verso Padova, Trieste, e la Polonia. Invece, quei soldati, li bloccarono lì. Chi volle tornare venne perseguitato. Ad Anders tolsero la cittadinanza. E la Polonia - come s'era deciso a Yalta - per altri quarant'anni restò sotto un regime totalitario. Diverso dal primo, ma solo per il tipo di oppressione.

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