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di PAOLO CALCAGNO MILANO — Venticinque brani in un doppio album per sintetizzare e festeggiare ...

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Daniele Silvestri (nella foto) ha presentato a Milano, la coppia di cd distribuiti dalla Sony Music che documentano tempi e luoghi di frammenti di concerti e che con il titolo di «Livre transito» chiudono un ciclo della carriera di un artista della musica leggera fra i più genuini e amati. Silvestri, con che criterio ha scelto i brani? «Ha prevalso la logica delle scelte fatte sul palcoscenico: le scalette, le battute, i brani messi di seguito per tenere calda l'audience. Ci sono motivi come "Salirò", "Cohiba" "Banalità", "Il dado", ma mancano altri a me carissimi, come "L'amore mio" o "L'uomo col megafono": è stato davvero duro scegliere, c'era materiale per un cd triplo. Ci sono anche due inediti, "Kunta Kinte" e "Il secondo da sinistra" già cantato dache Mina». Perché lo definisce un disco vero? «Perché abbiamo riproposto le condizioni dei concerti, delle registrazioni dal vivo, compresi gli errori, le mie "stecche", le improvvisazioni». Farebbe un concerto con un collega, com'è in voga di questi tempi? «Ci siamo andati vicinissimi, con Max Gazzé, Federico Zampaglioni e Carmen Consoli. L'idea era di un tour a sorpresa in 4-5 piccoli locali d'Italia per eseguire una serie di cover: io puntavo sui Beatles e su Buscaglione. Poi, impegni vari hanno bloccato tutto. Peccato!». «Salirò» è stato forse l'ultimo successo di vendite di un brano sanremese. Che ne pensa del Festival targato Tony Renis? «I motivi per spararci sopra sono tanti. Ma preferisco sottolineare i lati positivi, come l'80% di presenze di sconosciuti e la scelta di brani off-radio. Non se ne può più di cambiare stazione ma di trovare sempre le stesse canzoni, anche se sono le mie».

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