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Avati inventa il sequel all'italiana

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Ieri a Bologna Avati ha presentato «La rivincita di Natale», da oggi nelle sale. Come in ogni sequel che si rispetti Avati ha riunito la banda del «Regalo di Natale», così come era composta nell'86: Diego Abatantuono, Gianni Cavina, Carlo delle Piane, George Eastman, Alessandro Haber. E la cosa è tanto piaciuta al gruppo che, nonostante non sia abitudine del cinema tricolore, potrebbe arrivare la trilogia. I «sequel» sono sfruttatissimi nel cinema americano come nell'ultimo «pacchetto triplo» del «Signore degli anelli» o «Matrix». In Italia no, tranne le «vacanze di Natale», che però sono più una consuetudine che una vera serie, i film, anche di grande successo, si fermano lì. Non vanno più avanti. Fanno eccezione giusto «I soliti ignoti» che conobbe un seguito, ma senza Totò e Mastroianni, e pochi altri sporadici casi. Spezza questa consuetudine Pupi Avati che però spiega che la «sua» idea di sequel è diversa dall'impostazione commerciale che hanno gli americani. E così il «sequel all'italiana» diventa un cammino nell'amicizia e nella conoscenza, una scoperta su come e quanto si cambia nella vita. Avati spiega che i primi a parlare di un sequel di «Regalo di Natale», film-culto che sembrava relegato agli anni '80, sono stati Cavina e Haber. Ma lui era contrario. «Quando un film è andato bene e si fa il seguito... - afferma Avati - Viene sempre da dire che quello prima era meglio». Ma è entrato in ballo un elemento particolare: l'amicizia. Infatti i «giocatori» della partita a poker e il regista sono amici anche nella vita e si tratta di un legame importante. «Per me Pupi è come un padre», rivela Diego Abatantuono. Nell'86 l'attore aveva alle spalle solo ruoli comici. Il film con Avati lo lanciò come interprete drammatico. Fu un incontro importante. Nel gruppo di amici allora è arrivato il desiderio di riunirsi, di tornare a quella vicenda che, francamente, appariva non conclusa. Il primo film infatti terminava con un giocatore sconfitto e «ripulito» di tutto quello che possedeva. «Un vero giocatore non si arrende mai - spiega Avati - E abbiamo deciso di girare un nuovo film. Abbiamo scoperto che molte cose, da quei tempi, sono cambiate. Oggi il denaro conta molto più di allora. Le persone si misurano attraverso i soldi e questo il film lo dice». «Più che un seguito - spiega Avati - "La rivincita di Natale" è il secondo tempo di un film finito di girare 18 anni fa. Gli anni non si sentono: è come se avessimo finito di lavorare il venerdì sera, poi, dopo il fine settimana ci siamo visti per tornare a girare il lunedì. Ecco sono stati 18 anni lunghi come un week end». Ma ogni storia si può continuare, forse c'è da attendersi la trilogia. Al quesito risponde Cavina: «Certamente, ma presto. A me non va di attendere altri 18 anni». Nell'immediato futuro di Avati c'è invece un film diverso. «Si intitolerà "Ma quando arrivano le ragazze" - spiega il regista che sta lavorando al progetto con il fratello Antonio, produttore - ed è una storia ambientata nel mondo del jazz italiano. Sarà un film che indagherà sulla differenza tra passione e talento». E per i suoi impegni come presidente di Cinecittà ha detto che se mai questo incarico dovesse creargli imbarazzo tornerà a fare solo il regista, suo principale impegno. E delle polemiche sulla Mostra del Cinema di Venezia preferisce non parlare. La trilogia al momento può attendere. Avati pensa a questo nuovo film, ma gli piace l'idea che, in una notte di Natale dei prossimi anni, una tv possa trasmettere di seguito i film della sua saga.

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