«Un monumento si restaura, un paesaggio no» Dalle Murge ai campi di Ivrea, i nuovi scempi
Monumenti, statue e pitture sono a rischio ma mai quanto il paesaggio, che pure è la nostra principale ricchezza nazionale. Milioni di turisti vengono in Italia per ammirare non solo i monumenti ma le bellezze naturali, cioè non solo il duomo di Ravello ma la costiera amalfitana. Perciò il Fondo per l'Ambiente Italiano (Fai) lancia un Sos. Il paesaggio è un bene delicato e vulnerabile, può scomparire in una notte. Un monumento può essere restaurato; un paesaggio deturpato è morto per sempre. E allora noi diciamo: 'Italiani, svegliatevi, siate consapevoli e fieri di essere nati nel Paese che ha il più splendido patrimonio storico, artistico e paesaggistico del mondo. Vi esortiamo, uno per uno, all'amore per il vostro Paese». Parla Marco Magnifico (nella foto), direttore generale del Fai, alla vigilia di un evento che culminerà con un appassionato appello al buonsenso dei cittadini. Oggi, alla presenza di Carlo Azeglio Ciampi, si tiene a Roma, nel complesso di Santo Spirito in Sassia, il convegno nazionale «Conservazione e partecipazione». Le «ferite alla terra» sono sempre più profonde. Ora emerge un nuovo caso (segnalato da Ermanno Olmi): per aumentare la produzione di grano duro, viene spianato l'altopiano delle Murge, in Puglia, vero monumento geologico che risale al quaternario, quando si stabilì definitivamente l'attuale assetto delle stagioni. Professor Magnifico, da tre decenni, nelle scuole si spiega che il paesaggio è un valore. Questa idea non ha ancora messo radici? Quale strategia ha in mente il Fai? «Bisogna chiamare gli italiani a una rigorosa assunzione di responsabilità, creare una diffusa coscienza civica sul valore del paesaggio. Nel suo piccolo, ognuno ne è responsabile. Sbaglia chi pensa che a preoccuparsene debbano essere soltanto il ministero dei Beni culturali e le associazioni benemerite come il Fai, Italia Nostra e il Wwf. Certo, nella scuola c'è molta più consapevolezza di prima, ma l'iniziativa è lasciata ai singoli docenti, non è istituzionalizzata. Per esempio, a scuola non s'insegna la storia del paesaggio. Ma tutelare il paesaggio ha sempre fatto parte del buongoverno, come mostrano gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti a Siena». E basta una riflessione generale? Qual è la misura più urgente? «Lanciare una forte campagna di sensibilizzazione, rivolgere al singolo cittadino un messaggio molto chiaro: queste bellezze uniche al mondo sono roba tua, ricordati che sei nato in questo Paese, dove i tuoi avi hanno agito con straordinario senso di responsabilità e coerenza. Basta con la pretesa che tocchi sempre agli altri, e mai a te, adempiere ai doveri». È sufficiente a imprimere una svolta? «Non mi nascondo le difficoltà: ci vogliono due generazioni. Ma certo, governo e mondo politico debbono dare il buon esempio. Il condono e la depenalizzazione dell'abusivismo non vanno in questa direzione». C'è chi dice: non si può pretendere che tutta l'Italia sia tenuta come un museo. «Non lo vogliamo neanche noi. Sarebbe impossibile tutelare tutto, con quasi 60 milioni di abitanti. Ma sul paesaggio e sull'ambiente si deve intervenire con garbo e armonia, memori della lezione del passato. Spesso è solo questione di buonsenso. Perché, per esempio, realizzare Mediapolis, la megacittà mediatica di 60 ettari, proprio nella meravigliosa, intatta campagna di Ivrea? Poteva essere fatta altrove. E perché non progettare i capannoni prefabbricati, che invece ora spuntano qua e là?».