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L'ombra nascosta dell'antisemitismo

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ma bisogna avere il coraggio e l'onestà di porsele, a pochi giorni dalla celebrazione della «Giornata della Memoria». Anche perché certi dati, emersi in questi giorni dal sondaggio dell'Eurispes, sembrano essere stati letti e commentati con troppo ottimismo. Probabilmente, sotto sotto, si voleva ridimensionare l'allarme provocato da un analogo sondaggio che era stato condotto tra cittadini europei. Ma come si fa a negare che ci possa essere un atteggiamento antisemita, a partire da quel 91,4 per cento che non contesta il diritto all'esistenza dello Stato di Israele? In questo modo, si confonde antisemitismo con antisionismo. E cioè una ideologia laica nata agli inizi dell'Ottocento, quando, cadute le mura di molti ghetti, gli ebrei entrarono nella vita europea, e cominciarono a far problema, ad apparire come dei «diversi» da cui guardarsi; e un movimento comparso più di recente, in opposizione allo Stato israeliano e alla sua politica espansionistica, in particolare verso i palestinesi. È nei Paesi arabi, specie in quelli più rigidamente islamici, che non si fa più alcuna distinzione tra i due fenomeni. La tv egiziana ha trasmesso i «Protocolli dei Savi di Sion», notissimo falso storico, come un evento realmente accaduto. E tutto ciò non ha fatto altro che ingigantire la nuova ondata di antisemitismo che arriva dalla Russia, dalla Germania, ma che si avverte anche in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna. Dunque, il vasto consenso riscontrato in Italia alla esistenza dello Stato di Israele, non mette anche noi automaticamente al riparo dal ritorno di un certo antisemitismo. E lo stesso discorso vale per un altro dato, quel 92,3 per cento, che s'è mostrato ben consapevole dell'orrore della Shoà, ossia dello sterminio del popolo ebraico. Infatti, si può credere che ci sia stato l'Olocausto, e, contemporaneamente, si possono conservare i pregiudizi di sempre nei confronti degli ebrei. Ed è appunto qui che dal sondaggio dell'Eurispes vien fuori l'indicazione più preoccupante, più insidiosa. Il 34,1 per cento degli interpellati s'è detto convinto che gli ebrei controllano in «modo occulto» il potere economico-finanziario e i media. Insomma, è più o meno la stessa accusa che nel XIX secolo dette l'avvio all'antisemitismo. «Il segno distintivo di una civiltà arretrata», affermerà poi Engels nel maggio del 1890, quando in Europa l'odio verso gli ebrei stava dilagando assieme al nazionalismo e al razzismo. E allora, siamo per questo un Paese antisemita o destinato potenzialmente a diventarlo? Forse no. Anzi, sicuramente no. Ma è un fatto che esiste ancora da noi quella tristemente famosa «zona grigia» di cui parlava Primo Levi. Ed è tante cose assieme. È la colossale ignoranza storica di troppe persone sugli eventi del secolo scorso. È la scarsissima informazione che, di tali eventi, dànno tuttora i libri scolastici. È il crescere inquietante del razzismo verso qualsiasi «diverso». È la persistenza di tanti preconcetti, di tanti luoghi comuni sull'ebreo. È quindi venuto il momento di abbattere una volta per tutte questo muro di incomprensioni e di intolleranze che si erge ancora oggi nella nostra memoria, nella nostra coscienza, nella nostra vita. E la Chiesa cattolica - tutta la Chiesa, e non solo il Papa, questo Papa - deve fare anch'essa la sua parte.

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