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NELL'ALBERGO DI MISTER COSEY

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«Pareva una chiesa o una prigione...

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Lastre di ghiaccio si erano formate sul litorale, e all'interno le rade case sulla Monarch Street mugulavano come tanti cagnolini. Il ghiaccio mandava bagliori, poi spariva alle prime ombre della sera, facendo in modo che i marciapiedi sui quali camminava, con agile andatura, un po' minacciosa, mostrassero soltanto una alle prese con il proprio debole zoppicare. Lei avrebbe chinato la testa e socchiuso gli occhi con un tempo così, ma essendo straniera guardava con occhi spalancati ogni singola casa, cercando l'indirizzo che ne segnalava una nell'annuncio: One Monarch Street. Finalmente svoltò in una strada privata dove Sandler Gibbons stava sulla porta del suo garage strappando il bordo di un sacco di rompighiaccio. Lui ricorda lo spezzarsi dei suoi tacchi sul cemento, mentre si avvicinava, la curva del suo fianco quando si fermò in quel punto, il sole come un melone dietro di lei, la luce del garage sul suo viso. Ricorda la gradevolezza della sua voce quando gli chiese la strada per raggiungere l'albergo femminile che lui aveva conosciuto per tutta la vita. «Ne è sicura?» domandò quando lei gliene comunicò l'indirizzo. Lei estrasse un foglietto quadrato dalla tasca, lo tenne fra le dita senza guanti mentre controllava, quindi annuì. Sandler Gibbons scrutò le gambe di lei ed esaminò le sue ginocchia e le cosce che spuntavano dalla fredda minuscola gonna. Quindi si stupì per l'altezza dei suoi tacchi, il taglio della sua corta giacchetta di pelle. Sulle prime aveva pensato che avesse un cappello, qualcosa di grande e soffice per tenere al caldo orecchie e collo. Ma poi si rese conto che si trattava di capelli spinti in avanti dal vento e che lo distoglievano dalla sua faccia. Lei lo guardò come una tenera bambina, minuta, esile e sperduta. «Le donne di Cosey», disse. «È il posto che state cercando. Non c'è un numero uno da molto tempo, ma non si può dire. Non si può mai dire. Potrebbe essere il 1410 o il 1401». Era il momento di chiedergli di essere meno vago, per lei. «Te lo sto dicendo» riprese tutto a un tratto seccato, mentre il vento, pensò, gli faceva lacrimare gli occhi. «Andate dritto. Non vi può sfuggire. È grande come una chiesa». Lei lo ringraziò ma non si voltò, quando lui le gridò dietro: «O come una prigione...».

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