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Il fascino discreto di un borghese nero

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Tuttavia, questo nuovo romanzo dal titolo forse un po' fuorviante «Love» — non essendo un romanzo d'amore quanto piuttosto un nodo tematico più vasto e intricato — lascia intravvedere nel suo meccanismo una sorta di storicizzazione di comportamenti che non riguardano l'America nera dei ghetti di Harlem o del chicagoano South Side, quanto invece una classe sociale nera che vive una sua dovizia economica grazie alla quale approda a una regola di vita, e un ménage famigliare, che potremmo definire borghese, se questo vocabolo avesse ancora un senso a tanta distanza ormai dalla Rivoluzione d'Ottobre. L'epicentro dell'azione narrativa è un vecchio albergo, il Cosey Hotel and Resort, celebre ritrovo e luogo d'incontro mondano lungo la costa atlantica sud orientale degli States, forse in Florida o in Carolina, chissà. Lui, Bill, è il tipico signore delle donne formato anni Quaranta, con tanto di corte dei miracoli al seguito, amato e ammirato da May, Christine, Heed, Vida e una quinta creatura chiamata soltanto L, che forse le riassume tutte. Il ruolo che l'uomo ricopre — o meglio svolgeva da vivo, al tempo dell'azione narrativa — è plurimo, è l'emblema di uno struggente desiderio d'amore delle donne al suo seguito, padre, marito, amante, protettore, amico, con un carattere di continuità di tutti questi ruoli che va ben oltre la sua morte e si perpetua nelle azioni, nei movimenti, nei rituali che proseguono invincibili e insostituibili. All'interno della narrazione — ecco uno dei pregi più convincenti di questo testo — la figura di Bill progressivamente scompare, perde i contorni, mentre crescono oltre misura i simboli che quell'uomo così presente significava, in un'America nera che, alle soglie di una tormentata emancipazione, viveva duramente la netta divisione classista, fra i poveri miserabili dei ghetti, si diceva, e i ricchi e doviziosi neri dei quartieri alti, che bene si adoperavano ad accentuare il divario sociale. È molto coraggiosa Toni Morrison ad affrontare questo difficile tema, tanto di frequente eluso o almeno trattato superficialmente dagli studiosi delle comunità nere degli Usa, e del progressivo evolversi dei loro moduli comportamentali. Attrae molto questo risvolto del romanzo, in cui il vecchio lussuoso albergo viene descritto nel suo decrepito disuso, sommerso da acque fangose che lo rendono impraticabile, inerme monumento di antichi intrighi, gelosie, patimenti, con le ragazze di Cosey a far da tristi protagoniste, e al contempo a cercare di ricostruire una temperie ormai svanita. Christian e Heed paiono continuare a vivere tutti gli antichi patimenti, con le diverse reazioni e ribellioni che potevano avere due ragazze di un tempo, distanti fra loro «come il miele e la fuliggine». Vestono ancora come quando erano giovani appetibili, con gonne corte e tacchi a spillo, consapevoli del fluire inesorabile degli anni e degli accadimenti che hanno accompagnato più che un sessantennio di storia d'America. Ma il passato è troppo vivo e vitale — sembra ricordare la Morrison — perché possa venir facilmente cancellato. E il repentino trapasso espressivo da momenti elegiaci a tonalità drammatiche conferma la classe rilevante di una narratrice che sa esprimere il trauma dell'emarginazione con una sensibilità — femminista al modo giusto — che avvolge il lettore entro spirali di partecipazione che svariano dall'amore che dà titolo al romanzo fino alla piena coscienza del significato intangibile che si deve attribuire al proprio passato. La prossima pubblicazione da Frassinelli della versione italiana di questo romanzo sicuramente incontrerà il riscontro critico e di pubblico che esige una prosa di così alta classe e di tanto profondo spessore.

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