UN ERRORE NEL TITOLO DELLA TRASMISSIONE SUI 50 ANNI DI COMICITÀ IN TV
Lillo & Greg, rimettete la c che manca e poi «Viva il frolloccone»
Sorriso senz'altro a sentirsi ricordato da Marco Giusto e Lillo Petrollo, fra i guru di «Blob», e dai comici di ultima generazione Lillo & Greg (nella foto). Sobbalzato forse un poco, almeno leggendo i giornali televisivi specializzati che tolgono una «c» al suo «frolloccone», parola surreale e da lui completamente inventata, che negli anni '30 - '40 fu il mantra del buon umore e che papà scrisse di getto nel 1938, in un quarto d'ora e che, da allora, fino ai giorni nostri, fu continuamente rappresentato in radio, in tv, in teatro e, naturalmente, nelle recite scolastiche. In teatro fu recitato, fra gli altri, da Gianrico Tedeschi e Alberto Bonucci; da Gianni Agus e Aroldo Tieri; da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. E nelle recite liceali e universitarie da Beniamino Placido, Nello Ajello e via di giornalista in giornalista. Avrà sobbalzato una seconda volta, ma sempre sorridendo, quest'autore definito da Italo Calvino «il più moderno del '900», come tutte le volte che sente attribuire solo a Totò, alcune sue battute famose scritte per il principe della risata, come «Siamo uomini o caporali?». Oppure «Lavoratori toh!» battuta cult di Sordi e Fellini ne «I vitelloni» nata durante un pericolosissimo scherzo, fatto realmente da papà che seguiva in macchina (per «Il Bertoldo» da lui diretto assieme a Mosca, condirettore) il Giro d'Italia, nel '38. Come si sa la macchina, proprio dopo il gesto dell'ombrello, andò in panne e, quando si dice la nemesi, i lavoratori così apostrofati, inseguirono con vanghe e forconi i due malcapitati, fino a pretendere le giuste scuse. Domani, su RaiDue in seconda serata, andrà in onda la seconda puntata di «Abbasso il frolloccone!» (due c, prego...) e Lillo & Greg si sono riservati di chiudere la serie recitando lo skecth nei panni del Signore Qualsiasi e dell'irreprensibile maggiordomo Battista, matto da legare. Comunque sia, che travisino il titolo o tagliuzzino i testi, Vittorio Metz non se la prenderà. Diceva sempre «Mi copiano tanto, vuole dire che funziono». E ancora «Quello che si taglia non si fischia». Allora, in tutti i casi «W il frolloccone» (ma con due c...).