La rivincita degli ebrei poveri
Inutile dire che, nella geografia un po' ambigua di quel premio, in quel 1978, proprio tali tratti significativi di una narrativa schietta e autentica, servivano, fermo restando il valore, la qualità indiscutibile del più grande narratore ebraico del Novecento. Questi quattordici racconti riuniti sotto il titolo «I due bugiardi» e ordinati secondo una precisa sequenza episodica che dà loro la sembianza di un vero e proprio arco romanzesco, rappresentano anche l'identikit di un materiale umano, quello dell'ebraismo polacco, fra i più tormentati nel massacro d'Europa, cui Singer conferisce caratterizzazioni e comportamenti che assumono ancora più convincente significato, se si riflette sul fatto che queste pagine vennero scritte durante l'esilio newyorkese, e rappresentano perciò i caratteri e il modo di vivere di popolazioni verso le quali lo scrittore polacco non può catturare lo «spleen», la memoria visiva e gestuale, la radice di un destino storico fra i più tragici della dura vicenda europea dello scorso secolo. L'epicentro umano di Singer, il bersaglio della sua limpida ricerca, è l'entroterra della capitale Varsavia, e nel contesto di una campagna storicamente immobile e nel tempo soggetta a vessazioni di ogni tipo, Singer opera a strenua difesa di una coscienza civile inflessibile e fortemente osservante dell'etica generazionale, senza che tutto questo comporti la concellazione di una sottile ironia che di continuo agisce di conserva nella narrativa ebraica di ogni tempo. Con particolare riguardo e attenzione per la psicologia inconfondibile dell'ebreo trapiantato a New York, componente che potrebbe apparire uno scontato classico della cultura migratoria anteguerra, e che invece, a contatto con Singer, assume movenze e atteggiamenti molto particolari, poiché la madre terra la vince sull'adattamento, e si orienta invece verso la preservazione di un antico, intangibile patrimonio popolare: anche se taluni fatti ricordano che la patriarcalità della vita subisce sempre qualche insidia: l'adulterio consumato da due coniugi già divorziati, un peccatore reincarnato nell'anima di un essere vivente, utilizzando così voce e gesti e volontà, sul filo di una ricerca moderna, a volte volutamente pirandelliana, in virtù di una cultura mitteleropea che il vagabondo Singer ha vissuto e consumato in tante delle sue componenti. L'aspetto forse più fascinoso dello schema narrativo di Singer, consiste nell'utilizzare ogni volta una voce diversa che evoca una storia, personaggi, situazioni, ambiente, tutti fortemente legati ad una vita che non è più. Sembra una umanità senza futuro né destino, quella segnata dallo scrittore polacco. Si tratta, in grande prevalenza, di figure isolate, solitarie, vittime di una resa alle proprie consuetudini che ne minano il carattere e i comportamenti. Ecco l'avvio del racconto che dà titolo alla silloge, è sintomatico di una condizione umana non correggibile, senza sbocco: «La menzogna può prosperare soltanto sulla verità; le menzogne, accumulate l'una sull'altra, mancano di nerbo. Permettetemi di raccontarvi come manovrai due bugiardi, tirando i fili e facendoli ballare a mio piacere». C'è dietro la norma ebraica, secondo la quale il fratello di un defunto deve sposarne la vedova, se questa è senza figli: e su questa consuetudine Singer lavora d'invenzione, ma anche di realtà dura e autentica, ricavandone un quadro che appartiene ai tre momenti del creativo in totalità: la figurazione, il suo