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La lingua jiddish mette le ali e viaggia in tutto il mondo

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L'ascendenza è rabbinica e l'esperienza adolescenziale vissuta a Varsavia si concreta nella militanza, accanto al padre, all'interno del «Beth Din», il tribunale religioso ebraico dal quale tanti spunti ha tratto Singer per la sua opera narrativa. In un testo molto significativo, Alla corte di mio padre del 1966, questa esperienza è raccontata con grande fascinazione narrativa. La vocazione per la scrittura tuttavia, esplode nel 1935 quando si trasferisce a New York: quest'anno coincide con la stesura di un testo memorabile, Satana a Goray, in cui è protagonista la tentazione messianica, vale a dire il sogno perverso di cooperare al rigetto della legge per accelerare il trionfo del male sulla terra, e qui di la conseguente redenzione. Una metafora dell'indistinto e dell'informe che ritorna spesso nell'opera di Singer. Lo testimonia la gran messe di romanzi scritti in jiddish e poi tradotti in inglese: La fortezza del 1955, Lo schiavo (1960), Il mago di Lublino (1960), La proprietà (1969), Schiuma (1991). Nei racconti tuttavia Singer dà il meglio di sé: Gimpel l'idiota (1957), Lo Spinoza di via del Mercato (1961), Breve venerdì (1964). L'impasto linguistico creato creato in questi testi, un frammisto di chassidico e di terrestrità, consente a Singer di costruire un linguaggio unico e inconfrontabile, che viene da lontano, dai ghetti dolenti della provincia ebraico-polacco-galiziana. W. M.

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