di GIAN LUIGI RONDI L'ULTIMO SAMURAI, di Edward Zwick, con Tom Cruise, Ken Watanabe, Timothy ...
Perché? Perché esce da un western, ha conosciuto il generale Custer, è capitano dei «Soldati Blu» e ha assistito con raccapriccio alle atrocità che un suo superiore ha commesso ai danni degli Indiani, colpevoli solo di voler difendere la loro terra e le loro tradizioni. Sa perfettamente, però, com'è l'arte della guerra, così quel suo stesso superiore, ora al soldo dei giapponesi, lo fa venire a Tokio per addestrare i soldati dell'Imperatore impegnati in una dura lotta contro un quasi leggendario samurai che, in difesa della cultura ereditata dagli avi, osteggia i tentativi di modernizzazione del Paese cui si stanno dedicando, ma per interessi personali, alcuni membri infidi della Corte imperiale. Se non che il capitano, con l'inconscio ancora perseguitato dagli orrori delle guerre indiane, fatto prigioniero dal samurai dopo un primo scontro, comincia a capire meglio le sue intenzioni, aderisce alla sua difesa delle tradizioni ancestrali e non tarda a sposare la sua causa. Naturalmente le forze imperiali, spalleggiate dalle armi da fuoco vendute loro dagli americani, avranno alla fine la meglio sul samurai e la sua gente, usi a combattere solo con frecce e spade, ma il capitano, raccogliendone il messaggio, riuscirà a convincere l'Imperatore a rispettare la cultura più autentica del Giappone. La storia l'ha scritta John Logan, quello del «Gladiatore», e la regia se l'è assunta Edward Zwick, con un passato alle spalle non precisamente preclaro, il film, però, riesce a ottenere un forte impatto sullo spettatore. Intanto per le molte scene di battaglie che sembrano rubate a Kurosawa («Kagemusha», ma anche «Ran»), poi per quel disegno del confronto tra il capitano e il samurai che finirà per unirli. Certo con un calore e dei colori che, specie dopo la battaglia finale, accettano senza remore il patetismo, così come accettano il sentimentalismo nei vari rapporti che il capitano finisce per avere con i giapponesi, soprattutto con una donna, ma lo spettacolo - il grande spettacolo - non ne è scalfito, pronto, quasi ad ogni svolta, a far echeggiare con forza le proprie trombe. Tom Cruise in mezzo fa il divo, ma recita anche con impegno, parlando giapponese, battendosi egregiamente con la spada e esibendosi senza controfigura nelle arti marziali. In un Giappone ottocentesco rifatto quasi tutto in Nuova Zelanda, ma egualmente suggestivo.