Mike il biondino in jeans e in seconda serata la «Domenica sportiva»
Sarebbe apparso in video alle 14 e 30, in «Arrivi e partenze», la prima trasmissione regolare della tv italiana. Stava in disparte, Michael Nicolas Salvatore Bongiorno, detto Mike («Non ci vedo bene: non si erano accorti che ero miope fin da bambino e nessuno mi aveva prescritto gli occhiali»). E lì, in Corso Sempione, a Milano, c'erano tutti quelli che partecipavano all'entusiasmante 3 gennaio del '54. Qualcuno in smoking. Lui, in blu-jeans. Lo chiamavano «il biondino», gli chiedevano notizie dei programmi Usa. Perché Mike lavorava a New York («Alla radio, di proprietà del giornale «Il progresso italo-americano», trasmissione seguita da due milioni di ascoltatori»). A New York c'era nato, il 26 maggio 1924. 1954? «Un anno da ricordare - qualcuno gli disse - Doppio anniversario». Lui sorrise. «Giusto, nascita della tv italiana e il mio trentesimo compleanno». Qualcuno lo aveva visto fotografato sulla sua Chevrolet celeste metallizzata. Oh, l'America! Mike ne parlava con quella sua cadenza yankee che si notava nelle interviste di «Arrivi e partenze» e che piacque ai telespettatori. Quel 3 gennaio, dopo la sua rubrica, sarebbe andato in onda lo sport. Mike era un sostenitore delle trasmissioni sportive. Avrebbe visto, spettatore, alle 23 e 15, il primo appuntamento con quel vastissimo mondo appassionato del dì di festa, il programma tuttora in palinsesto intitolato «La domenica sportiva». («Io seguo tutte le manifestazioni e le gare, ma sono appassionato dei cavalli»). E cinquant'anni fa, puntuale, Mike rimase davanti al monitor Rai per «vedere» la trasmissione a cura di Aldo De Martino dedicata allo sport. Prima, aveva «guardato» con rispettosa attenzione Franco Enriquez, regista della commedia «L'Osteria della posta» di Goldoni e la bella protagonista Isa Barzizza. Lo stesso sguardo ammirato con il quale aveva seguito Fulvia Colombo, prima annunciatrice apparsa sui nostri teleschermi. Il segreto di mezzo secolo di carriera? «La professionalità: se non la coltivi, il pubblico se ne accorge e capisce che sei un bluff». Una carriera che cominciava per l'allora cittadino americano scampato alla guerra («Fui usato dai nazisti, quando venni arrestato, come prigioniero di scambio: era il 1943»). In quel 3 gennaio '54, Vittorio Veltroni, direttore del telegiornale, gli aveva detto: «Perché non resti qui: tutti hanno paura di fare Tv, tu no». E Mike Bongiorno rispose: «Okey: mi fermo in Italia».