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di DARIO ANTISERI «L'EUROPA! Non posso non notare che il continente europeo ha attraversato ...

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È importante che l'Europa, arricchita nel corso dei secoli dal tesoro della fede cristiana, confermi queste sue origini e ravvivi queste radici». Così si è espresso il Santo Padre Giovanni Paolo II, rivolgendosi il 22 dicembre ai cardinali e ai prelati della curia romana, in occasione delle scambio degli auguri natalizi. E non è certo questa la prima volta che il Papa richiama l'attenzione dei popoli europei sulle radici cristiane dell'Europa. Il rinvio dell'approvazione della Costituzione europea ha costituito agli occhi di milioni di cittadini un episodio di «triste politica» — ma tutti abbiamo buoni motivi di speranza che in tempi non lunghi si arriverà ad una soluzione. È l'auspicio per il 2004. Desta invece sconcerto e dà da pensare il fatto che sia quasi del tutto e subitaneamente scomparsa la discussione su che cosa abbia significato e significhi il Cristianesimo per l'identità dell'Europa. Per questo meritano un plauso quegli intellettuali — come Ernst Wolfgang Böckenförde, Massimo Vari, Augusto Barbera, Antonio Baldassarre ed altri ancora — autori del recente «Appello per il riconoscimento delle radici cristiane nella Costituzione europea». L'Europa deve molto alla Grecia: deve ad essa soprattutto l'idea di razionalità come discussione critica. Ma non è stata la Grecia a dare all'Europa i suoi dei. Questi, come ha scritto di recente Giovanni Reale, «erano già stati resi vani dai filosofi a cominciare dai Presocratici, Senofane in testa». E la filosofa spagnola Maria Zambrano, ha sottolineato, nella scia di una consolidata tradizione storiografica, che è proprio nel «creazionismo» del Dio biblico-cristiano uno dei tratti di fondo su cui si è formato l'uomo europeo. «La creatura umana è fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Presto comincerà quella frenesia della creazione che si chiama Europa». D a parte sua, un pensatore laico come Benedetto Croce ha precisato, «per semplice osservanza della verità», che «il cristianesimo è stata la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuto» — e ciò «per la ragione che la rivoluzione cristiana operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale, e, conferendo risalto all'intimo e proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino ad allora era mancata all'umanità». In realtà, con il Cristianesimo viene al mondo il concetto di uomo come persona: persona libera, responsabile, con una coscienza inviolabile. I Greci avevano avvicinato tramite l'idea di psyche una simile prospettiva, ma non l'avevano raggiunta. E il valore infinito, sacro, di una persona, di un uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio implica e trascina con sé il ridimensionamento dell'ordine politico. Il «date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» è un ideale che, tra vicissitudini anche torbide e compromissorie, tra tentazioni teocratiche e rifiuti satanocratici del potere politico, ha esercitato, nell'evoluzione storica dei popoli europei, e seguita ancora ad esercitare, una pressione decisiva sull'elemento mondano antitetico. Per il cristiano Kàisar non è Kyrios. È per decreto religioso che lo Stato non è tutto: Cesare, cioè lo Stato, non è il Signore Iddio. Con ciò il potere politico viene desacralizzato, l'ordine mondano relativizzato, e le richieste di Cesare sottoposte ad un giudizio di legittimità da parte di una inviolabile coscienza. Facendo perno sulla persona umana e le sue libere associazioni, la cristianità, con le sue chiese e la miriade di corpi intermedi da esse generati, (scuole, cattedrali, ordini religiosi, università, cooperative, movimenti giovanili ecc) è stata l'evento politico più importante dell'Occidente, giacché, diversamente da quanto accaduto in altre civiltà, ha dato il criterio per distinguere tra ciò che si deve a Cesare e ciò che si deve a Dio: Cesare non va adorato come Dio, non è Cesare il padrone della coscienza degli uomini. Si deve alla

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