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Dalle scarpe che respirano alle collezioni di abbigliamento

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Geox, oggi primo produttore italiano di calzature comfort e ottavo al mondo, da una parte aspira ai vertici della classifica globale dominata da Clarks e Timberland e dall'altra si prepara ad entrare prepotentemente nell'abbigliamento. Per riuscire a replicare il successo ottenuto nelle calzature, l'azienda veneta proporrà per la prossima primavera un total look insolito che punta non tanto e non solo sullo stile quanto sui nuovi valori della vita moderna non ancora percepiti dalle altre realtà del settore moda, come anticipa al Tempo il fondatore e presidente di Geox, Mario Moretti Polegato. Come si trasforma un'idea come quella della suola che respira in un'azienda che ha 5.000 addetti, 12 stabilimenti e 6,5 milioni di paia di scarpe prodotte? «L'Italia è un paese di creativi ai quali spesso, però, manca la capacità di gestire le proprie idee. Quando pensai di forare la suola per risolvere il problema della sudorazione e della puzza ai piedi, decisi subito di brevettarla. Ed è stata questa la prima ragione di un successo che non deve poter essere riproducibile da altri. Poi serve anche la capacità di fare impresa. Otto anni fa sono partito con 5 dipendenti e poche migliaia di scarpe prodotte e per il prossimo anno puntiamo a raggiungere i 10 milioni di paia. Tutto grazie all'idea rivoluzionaria di far respirare il piede in una scarpa in gomma». Serve l'idea forte quindi, ma poi il mercato ha le sue logiche e i suoi steccati. «Per questo noi non abbiamo puntato su un singolo segmento o target ma sul benessere di tutti. Ogni categoria, dal bambino al lusso, ha un brand leader con dei valori propri che, però, perde se prova a spostarsi in un altro settore. Prendiamo Chicco, va benissimo per mio figlio ma se facesse anche scarpe per adulti non credo convincerebbe anche me. Geox invece ha voluto portare la sua idea in tutti i settori senza mai identificarsi solo con uno. Così abbiamo conquistato i bambini, gli sportivi, il casual e poi anche i target più alti che da noi non acquistano solo un marchio ma anche una tecnologia. La ricerca e le nuove tecnologie per vivere meglio sono per noi fondamentali tanto che investiamo il 3% del nostro fatturato, 15 ingegneri lavorano nel nostro laboratorio interno e abbiamo contatti continui con il Cnr di Milano e con le università di Padova, Oslo e Monaco». In che maniera comunicate ai diversi clienti? Non ci sono pubblicità e modi di approccio differenti a seconda del target? «Per questa ragione abbiamo deciso di non utilizzare testimonial ma puntare tutto, anche nella comunicazione, sull'idea che ci contraddistingue, un'idea che piace e interessa tutte le fasce di mercato. Perché tutti vogliono vivere meglio e vogliono poter stare il più possibile a loro agio. E questo desiderio, per quanto riguarda i piedi viene pienamente appagato da Geox». Da poco ha firmato un contratto per aprire 100 negozi in Cina nei prossimi due anni. Non teme che i cinesi la possano copiare e annullare il vantaggio che ha costituito con la sua idea, come è avvenuto a tanti altri calzaturieri italiani? «Credo che la Cina possa essere un'opportunità, non solo per la mia azienda ma per tutti. Mentre da noi se uno copia o trae ispirazione viene automaticamente bollato e messo ai margini della società, in Cina si pensa che tutto ciò che non è registrato sia replicabile. Per questo io ho registrato anche in Cina le mie idee e sono convinto che lo potrebbero fare anche i miei colleghi che hanno bellissimi prodotti di design. Se in qualcuno di questi non c'è l'innovazione tecnologica si possono utilizzare i brevetti ornamentali. E comunque, al di là dei brevetti, una tecnologia è molto più difficile da copiare rispetto a uno stile». Perché da qualche anno nei suoi negozi sono comparsi anche i giacconi? «Geox vuole essere u

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