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C'È UN bel film al cinema, «Le invasioni barbariche», firmato da Denys Arcand e premiato a Cannes.

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Uno che il suo «lavoro» l'ha fatto con onestà, e non si è affatto arricchito. Arricchito è il figlio, che paga per fargli vivere nel modo migliore gli ultimi giorni, perfino assoldando intellettuali che gli vengano a far visita, ora che è in fin di vita. Il nodo è tra chi è vissuto di civiltà e cultura, e per questo ha condotto un'esistenza appartata, ai margini, e chi fa del guadagno, dell'apparire, della quantità invece che della qualità il primo scopo. Il crepuscolo dell'Occidente sapiente, il trionfo dei nuovi barbari. Ho ripensato alla trama del film tre giorni fa, quando nell'austera sala della Biblioteca Angelica di Roma un convegno e un Premio hanno ricordato Alfredo Cattabiani, l'intellettuale morto lo scorso maggio. Tutta la vita passata a leggere, e a scrivere. A condurre la battaglia per i valori della cultura. Non si è arricchito, è rimasto appartato. Uscirà postumo un suo «galateo» contro la «volgocrazia». O, se volete, le «invasioni barbariche». (L. L.)

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