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di ONORATO BUCCI C'ERANO tutti a celebrare Leone XIII a cento anni dalla morte, al convegno ...

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E dagli interventi dei 34 relatori è uscito confermata l'immagine di un Papa che fu davvero testimone di un nuovo modo di essere cristiano, sacerdote, e quindi vescovo e Papa, ed intendere la vita sociale e politica. E l'interrogativo che è scaturito dagli innumerevoli interventi è stato uno solo: è ancora attuale il suo pensiero? E la risposta, concorde, è stata: l'insegnamento di Leone XIII (nella foto) è tuttora attuale. Dire tuttavia che questo Pontefice è il Papa della «Rerum Novarum» può apparire riduttivo se non si tiene conto che con tutte le altre encicliche, Leone XIII sentì il bisogno di fare il punto della dottrina della chiesa nei vari settori da ciascuna di esse prese in considerazione. Sul piano culturale questo Papa prese lungimiranti iniziative: rese disponibili gli Archivi Vaticani agli studiosi aprendo l'accesso a questi ultimi della Biblioteca Vaticana; potenziò la Specola Vaticana e l'Università di Lovanio istituendo la cattedra di filosofia tomista cui venne incaricato Mercier; creò la cattedra di studi danteschi nell'Università Gregoriana a Roma; fondò le Università Cattoliche di Washington e di Friburgo in Svizzera; ampliò, infine, l'Accademia Pontificia delle Scienze. E fu stimato da tutti i grandi della sua epoca, anche (e soprattutto) da chi ne era lontano per spirito. Bismarck e Salisbury ne tessero gli elogi e con lui intavolarono i rapporti il sultano di Istanbul, lo Scià di Persia, il Mikado del Giappone, l'imperatore della Cina, il Negus di Etiopia e ben tre Zar di Russia e la regina d'Olanda lo considerarono un uomo eminente. Ed ebbe verso l'Oriente cristiano e non cristiano attenzione particolare. Fu lui per primo a dar vita ad un Congresso Eucaristico a Gerusalemme e fu sempre lui a iniziare le conferenze patriarcali nel Vaticano e a creare una Commissione Cardinalizia per la riconciliazione dei dissidenti. E all'Oriente cristiano diede ben sei encicliche, sette lettere apostoliche, 14 allocuzioni e cinque discorsi. E che dire del biblista? Fu proprio Leone XIII ad istituire la Commissione Biblica il 30 ottobre 1902 e gran parte delle sue preoccupazioni andarono con encicliche e documenti vari alla questione della sacra scrittura che poi riprenderà Pio XII. Solo gli storiografi che conoscono poco della storia della Chiesa (ahimè! in questo convegno ce n'era più di uno) sono ancora disposti a considerare Leone XIII più politico e diplomatico che sacerdote attento alla vita interna della Chiesa e quindi teso a preoccuparsi a che l'istituzione ecclesiale fosse pronta a confrontarsi con il mondo. Il suo programma del resto era tutto contenuto nella sua prima Enciclica la «Inscrutabili dei Consilio» del 21 aprile 1878: restituire alla Chiesa e al Papato il posto che loro spetta di diritto nel mondo. Questo progetto poggiava sulla convinzione che la religione cristiana è necessaria non tanto e non solo per la salvezza eterna, che è un problema personale, ma anche per la prosperità temporale ed affondava le sue radici in due principi strettamente teologici ed ecclesiologici: la caduta del genere umano e l'incapacità di risorgere senza l'aiuto della Rivelazione e della Grazia. Questi principi, diceva Leone XIII, sono posseduti solo dalla Chiesa e dalla Fede Apostolica che li amministra e ha il dovere di diffondere in tutta la terra. È inutile dire che una lettura siffatta di Leone XIII era pressoché assente in questo convegno, forse perché si aveva timore di dire che il punto di riferimento di Giovanni Paolo II è proprio Leone XIII.

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