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di CARLO ROSATI STORIA di una «Disfatta» in scena da questa sera al Teatro Vittorio Emanuele di Messina.

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La disfatta si concretizza in soli 10 giorni, dal 28 aprile al 7 maggio del 1945, dal momento che Benito Mussolini viene ucciso, quando Adolf Hotler sposa Eva Braun e redige il suo testamento, all'alba del 2 maggio, con l'Armata Rossa che entra a Berlino, fino al 7 maggio, quando nel quartier generale a Reims, l'Esercito tedesco firma la resa: la fine del Terzo Reich. Lo spettacolo si avvale del testo scritto da Gianni Guardigli che si è liberamente ispirato al saggio dello storico tedesco Joachim Fest «Der untergang» (la disfatta, appunto) come s'intitola questo lavoro allestito da Luciano Melchionna con le scene e i costumi di Marina Luxardo per far rivivere, con la consulenza di Ernesto G. Laura gli ultimi giorni nel bunker. Federico Alessi come si articola questa «Disfatta»? «È una sorta di agghiacciante intervista ad uno di quei maledetti da Dio che cercarono invano una luce nel buio profondo del medioevo nazista; uno di quei giovani che restarono accanto ad Hitler fino all'ultimo, che ci permette di osservare gli impulsi e le dinamiche interiori che spinsero molti giovani a vivere fino all'ultimo i giorni dell'agonia del regime nazista». Com'è Hitler nel Bunker? «Nel Bunker Adolf Hitler è completamente diverso dal trascinante oratore delle forze militari germaniche ed anche da quella figura che resiste indelebile nell'immaginario collettivo. L'uomo che aveva minacciato il mondo intero appariva desolantemente disperato con i lineamenti del volto cadente, occhiaie incavate, le mani tremanti. Si trascinava lungo le pareti come se fosse sempre in cerca di appigli. Qui diede gli ultimi ordini al Reich e stilò anche il suo testamento, dove era scritto che lui e sua moglie sceglievano la morte per sottrarsi all'onta della destituzione e della capitolazione. Così si arrivò alla fine».

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