Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

di CARLO DE RISIO UNA delle sequenze più suggestive del film «Amarcord», di Federico Fellini, ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Evento mai accaduto: il Rex risalì l'Adriatico, durante la guerra, per andare a morire nella baia di Capodistria. Per Ulderico Munzi — giornalista e scrittore — questo è stato lo spunto per ricostruire la storia della grande nave. Munzi, che cosa ha rappresentato il Rex per l'Italia degli anni Trenta? «Un mito, certamente e non soltanto per il battage che ne accompagnò la costruzione e l'entrata in servizio. Il Rex unì l'eleganza alla potenza, la brillantezza dei passeggeri di prima classe alla modernità degli impianti, avanzatissimi per quell'epoca. Mi ha anche colpito che questa saga, marinara e mondana insieme, avvenisse mentre l'Europa era lanciata a capofitto verso il baratro della guerra». Che parte ebbe il regime fascista nel volere la costruzione di una nave di linea di oltre cinquantamila tonnellate?. «Retorica a parte, uscimmo da uno stato di minorità nella competizione che avveniva in Atlantico, dominata a lungo dagli inglesi e negli anni Trenta anche dai tedeschi. I colossi "Bremen" ed "Europa" la facevano da padroni. Poi, venne il 15 agosto 1933». E la conquista del nastro azzurro. «Già, la traversata da Gibilterra a New York in 4 giorni, 13 ore e 58 minuti alla velocità media di 28,92 nodi, coprendo la distanza di 3.181 miglia. L'ufficiale marconista Landini, eccitatissimo, lanciò all'aria il messaggio: "Attenzione Attenzione. Stiamo arrivando a 30 nodi. Ripeto: 30 nodi». E Mussolini che disse?. «Per la verità, faceva il tifo (diciamo così) per il Conte di Savoia, un'altra splendida nave, più elegante del Rex, al cui varo non aveva voluto partecipare, mentre c'era la coppia reale; la regina Elena fece da madrina. Sia il Conte di Savoia sia il Rex tentarono una prima volta di aggiudicarsi il nastro azzurro, e fallirono. Non fu uno scherzo. Il Rex rischiò molto il 15 agosto 1933, filando a tutta forza nella nebbia». Qual è stata la testimonianza che — a distanza di tanti anni — l'ha colpito di più? «Quella dell'allora giovanissimo Mario Magonio, al momento del varo. Era talmente preso dal compito affidatogli sullo scalo, sovrastato da quel colosso, che non udì né le sirene, né le salve di cannone che accompagnavano l'entrata in acqua dello scafo, lungo un quarto di chilometro». Come finì il Rex? «Male, malissimo. I tedeschi, quando la Venezia Giulia venne praticamente annessa al Terzo Reich, dopo l'8 settembre 1943, fecero man bassa di tutto: argenteria, quadri, porcellane, tappeti, biancheria, suppellettili. Una razzia in piena regola, nella quale si distinsero il maggiore Haider e il capitano Schratzer. Poi, gli aerei alleati si avventarono contro la nave — immobile, inerte, indifesa: era l'8 settembre 1944 (data evidentemente infausta). Magra consolazione che i piloti dicessero: "Abbiamo commesso un delitto". Infine, il supremo oltraggio degli jugoslavi, che asportarono quello che era rimasto della bella nave, fino all'ultima lamiera e all'ultimo bullone». Ulderico Munzi «Il romanzo del Rex» Sperling & Kupfer 247 pagine 17 euro

Dai blog