Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Pop, jazz ed etno: Bruno Lauzi scopre le altre facce della musica

default_image

  • a
  • a
  • a

Sornione e caustico, la battuta al vetriolo lasciata scivolare nei finali di frasi apparentemente innocue, il cantautore genovese (nella foto con Toots Thielemann a Terni Jazz) nato all'Asmara 66 anni fa, è apparso in ottima forma, allo storico "Bagutta" di Milano, in occasione della presentazione del suo album «Nostaljazz» (etichetta Blue Tower), già in distribuzione, subito dopo l'altro cd pop «Manuale del piccolo esploratore», il singolo «Cantico» e prima degli album «Ancora jazz», «Bruno latino» con musiche brasiliane e la raccolta «Poesie, poeti e canzoni liguri», attesi per l'anno prossimo. «Il jazz è come lo Zen - sostiene Bruno Lauzi - non si pone la domanda. Louis Armstrong diceva che chi chiede che cosa sia il jazz vuol dire che non lo conosce. "Nostaljazz" è un album che rende omaggio al grande cinema in "bianco e nero". Penso a uno smoking bianco e nero con dentro un... bel nero dai denti bianchi, magari un bel Nat King Cole che canta "Blue Gardenia"». Infatti, il primo pezzo swing del cd è proprio «Blue gardenia», poi ci sono altri 11 brani tra cui il motivo "cult" «As time goes by» e due inediti con la sua firma «La nostalgia» e «Nell'estate del '66». Ma cos'è per Lauzi lo swing? «Lo swing per me è il richiamo della foresta, il ricordo di un'adolescenza passata sognando con Luigi Tenco un improbabile sbarco a New York per soccorrere gli amici Gershwin, Porter e Rodgers, bisognosi di nuovi entusiasmi e nuove idee. L'italiano è per il pubblico femminile che non ama il jazz "e non si capisce il motivo", come dice Paolo Conte». Ma sarà vero che ha mandato due canzoni a Sanremo? «Mando sempre le mie canzoni a Sanremo. Per Edoardo Vianello ho scritto "Canzone svizzera", storia di una turistica elevetica ai Caraibi che intona un canto montanaro e che viene, giustamente, divorata da uno squalo. Sono troppo vecchio per andare all'Accademia di Mogol, ma sono certo che Tony Renis farà molto bene. È uno che conosce il mestiere e ha rapporti stretti a livello internazionale, magari porta Iglesias e lo fa cantare in italiano: mica male». Pao. Cal.

Dai blog