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Lo sceneggiatore che voleva essere allievo di James Joyce

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Soprattutto gli studi di James Joyce hanno inciso sulla sua produzione romanzesca, poiché il gigante di Dublino gli ha insegnato a filtrare sotto la pelle del soggetto, per rintracciare i segnali dell'inconscio in agguato. Ed eccolo, lui, Burgess, far tesoro dell'insegnamento nel romanzo-chiave del 1962, in cui la violenza cieca a assurda di un gruppo e dei singoli colpisce senza pietà, ma soprattutto senza il governo della ragione. A quel memorabile testo, dal quale Kubrick trasse un film che resterà nella storia del cinema, ne seguirono altri dai titoli indicativi del tipo di ricerca umana di Burgess: «Il seme inquieto» del 1962, «Visione degli spalti» del 1965, «Gli strumenti delle tenebre» del 1980, «Fine del nuovo mondo» del 1982. In tutti questi testi, domina il piacere della trama, sviluppata secondo i canoni di una progressione del creativo che ricorda Joyce, mentre d'altro canto non mancano interferenze psicoanalitiche che non sempre si innestano al vivo della trama. Inoltre, a Burgess si debbono le sceneggiature del «Cristo» di Zeffirelli, e di una «Vita di Michelangelo». W. M.

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