La narrazione avviata sul piano della fantascienza lavora sulla psicoanalisi dei personaggi con molta ironia. Il risultato? È paradossale e profetico
Non mancarono le polemiche, e quel tanto, ahimé, di futuribile presente in quel testo, anzi di profetico, eccolo riversato in questo romanzo, «Notizie dalla fine del mondo», un testo già apparso nel 1985 con un titolo sbagliato, «La fine della storia». Ecco adesso la nuova traduzione della moglie di Burgess, Liana, e l'operazione editoriale è apprezzabile, perché alcuni fra i privilegiamenti tematici di Burgess, la fantascienza pilotata con saggezza ma anche con il dovuto sarcasmo, la psicoanalisi, infine le tre componenti sulle quali si muove e si articola l'universo di fine secolo e di questo equivoco albore: la scoperta dell'inconscio, la dottrina del socialismo mondiale e l'invenzione del razzo spaziale. Tre ingredienti, diciamo infallibili, sui quali Burgess costruisce una storia molto accattivante che si conclude con due vicende del passato storico, la fuga di Sigmund Freud dalla Vienna dell'Anshluss nel 1938, e il ritorno in Russia di Trotskij da Londra, per raggiungere Lenin a Mosca e preparare la rivoluzione, anzi l'ultima fase di quest'ultima in atto. Meno interessante questa duplice appendice, sicuramente più viva e intricante l'avventura raccontata con il piglio di chi sul filo dell'ambiguità si adopera per arricchire l'informazione del maggior novero di notizie possibili sulle sorti umane, singole e collettive. All'interno del sistema solare infatti, compare un imprevisto corpo celeste, dal volume incontrollabile, che con il suo peso enorme e la sua ampiezza provoca fenomeni violenti e non gestibili dall'uomo, perché dovuti ad un eccessiva attrazione gravitazionale: terremoti, inondazioni, apocalissi che sfuggono alla mano dell'uomo, alla sua mente, alla sua capacità potenziale di arginare i fenomeni. L'ospite inatteso ha un nome, Lynx, e si prepara alla collisione finale, quella che distruggerà il paesaggio e la famiglia umana. C'è Frame, lo scienziato che si adopera per il salvataggio dei migliori esperti della materia americani, li imbarca su un'astronave ma commette l'errore di affidare il comando del mezzo ad un irragionevole militare che vorrebbe trasformare tutto in un gigantesco lager di modello nazista. Il cattivo va eliminato, e così sarà, ma il sostituto è proprio l'opposto, l'inetto Van Brodie: riuscirà tuttavia a sospingere l'astronave fuori del sistema solare. Ignota la destinazione, anche perché tutta la vicenda viene raccontata da un discendente dei primi arditi astronauti ai nuovi adepti, ragazzini al confronto, che accettano il racconto con molto beneficio d'inventario. Forse è una favola, un mito — dicono — e il tipico scetticismo di base della gioventù prevale sulla saggezza di chi fa storia narrando con dovizia di particolari. L'imprevedibilità di Burgess conduce lontano, ancora più distante da ogni previsione: ed ecco il romanzo colorarsi delle tinte dell'armonia dei colori, ma soprattutto della musica, in obbedienza a una riflessione dello scrittore che suona così: «Penso che un dio sbagliato stia temporaneamente governando il mondo, e che il vero dio sia fuori del gioco. Quindi sono un pessimista ma ritengo che il mondo abbia molte consolazioni da offrire: amore, cibo, musica, l'immensa varietà di razze e lingue, e poi la letteratura e il piacere della creazione artistica». Ed eccolo allora svariare con forme di straniamento che dirottano il romanzo fantascientifico verso altri orizzonti descrittivi: non sono pezze d'appoggio né inutili elementi distrattivi i segmenti riguardanti Freud e Trotskij: è questo invece il disegno di due uomini dal genio ora ferino ora abile e astuto che contribuiscono — sembra un paradosso — a quell'armonia dell'univers