Umberto Broccoli ricorda quando Ceronetti potè intervistare Attila (alias Carmelo Bene)
«Sicuramente essa non è in sott'ordine rispetto alla Tv. Ogni stazione radiofonica, infatti, ha una propria sonorità, e ogni ascoltatore può scegliersi quella che preferisce. Va rilevato, inoltre, che essa è un bacino enorme da cui la Tv attinge. C'è un numero altissimo di personaggi televisivi che sono nati in radio: Platinette, Fiorello, Luca Laurenti, Linus, Claudio Cecchetto, Paolo Limiti, Fabio Fazio, Maurizio Costanzo, il trio Marchesini, Solenghi, Lopezà». Arbore prova poi a tracciare una storia ideale della radio italiana. «Beh, distinguerei tre periodi: quello dei Quattro Moschettieri (trasmissione del 1934 ndr), ovvero prima dell'avvento della televisione; quindi il periodo in cui alla radio si affiancò la televisione, tra il 1964 e il '65, e che io chiamerei "la riscossa della radio", perché grazie ad un nuovo gruppo dirigente venuto dalla televisione, guidato da Leone Piccioni e Giuseppe Antonelli, essa conobbe una vera e propria rivoluzione. E nacquero Arbore, Boncompagni, Costanzo. Poi arrivarono le emittenti private, e anche la radio dovette adeguarsi alla concorrenza. A Umberto Broccoli, storica voce di Radio 1, chiediamo se secondo lui la radio conservi una sua funzione insostituibile. «Sì, penso che la radio abbia una sua specificità non esportabile in televisione. Ricordo ad esempio un grande programma, Interviste impossibili, in cui alcuni grandi scrittori intervistavano famosi personaggi del passato ; ricordo Guido Ceronetti intervistare un Attila interpretato da Carmelo Bene, Attilio Regolo rivivere con la voce di Gianni Santuccio e Caterina di Russia con quella di Rossella Falk. E ogni ascoltatore poteva immaginare, ascoltando quelle voci, il suo Attila, il suo Attilio Regolo, la sua Caterina. La televisione, invece, avrebbe creato solo una maschera». Per Marino Sinibaldi, autore del celebre «Fahrenheit» che va in onda sul terzo programma da qualche anno, è stupefacente la metamorfosi che la radio ha subito, più profonda di qualsiasi altro mezzo di comunicazione: «Quando nacque, essa era l'oggetto più stanziale che si potesse immaginare : collocata in un angolo della casa, riuniva intorno a sé le persone in gruppo, e per questo era perbenista nei temi e nei toni. Adesso la radio la si ascolta individualmente, fuori casa e dovunque, e il senso della trasgressione è molto più accentuato». Ale. Pen.