di MAURIZIO MARINI ANDREA d'Agnolo, meglio noto come Andrea del Sarto (Firenze, 1486 - 1530) ...
L'ossessione del disegno, puntuale e accademico, valse ad Andrea il nomignolo di «senza errori» e tutta la sua fortunata carriera svoltasi a Firenze (dapprima come allievo di Piero di Cosimo, poi come artista autonomo impegnato nel superamento della tradizione ghirlandaiesca) ne offre la verifica. Il Manierismo toscano assume, quindi, valore di lingua irraggiandosi verso Roma e poi ibridandosi in tutta l'Europa con le scuole locali, da Fontainebleau a Toledo, da Haarlem a Praga, sempre giustificata dalla presenza di artisti i quali, al di là delle filiazioni parmensi, recano l'«imprinting» di Andrea tramite Jacopo Pontormo e Rosso Fiorentino. Due personalità travolte e travolgenti che diffondono l'italiano come linguaggio pittorico: uno «stilnovismo» aspro, stralunato, cerebrale, che bene si ravvisa nella cosiddetta Madonna Botti, opera della maturità sartesca, tra il 1528 e il '30. Una Madonna conseguentemente drammatica, che ha svezzato il piccolo Gesù e ne carezza il volto con la mano e con lo sguardo inquieto, consapevole di quello che sarà ora il suo destino di Redentore nel supremo sacrificio. Un'immagine che costituirà la trama esistenziale e visiva proprio per i suoi due «creati», il Rosso e il Pontormo. Proprio su questa tavola (cm 55,70 x 41,10) è incentrata la prima mostra temporanea, fino al 29 febbraio, allestita presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma (in precedenza, dopo il restauro, era stata esposta a Londra, presso il Courtald Institute of Art, Somerset House, Strand). Corredata da un importante cornice intagliata e dorata, di manifettura toscana-romana della prima metà del XVII secolo, si offre come uno dei frutti più eleganti e sicuri della «conoisseurship» internazionale. Infatti, dispersa da secoli nei meandri del collezionismo privato di qua e di là dell'Atlantico, la tavola è stata riconosciuta autografa da John Sherman, studioso dell'artista toscano, e restituita a nuova luce dal restauratore londinese Stephen Gritt, mentre Arthur Mac Gregor ne ha ricostruito la vicenda filologica. La bella cornice suddetta è stata oggetto dello studio di Adriana Turpin. Tra i passaggi di proprietà del dipinto si deve ricordare come dai marchesi fiorentini Botti (donde la denominazione corrente) sia passata ai Medici, quindi ai Barberini, i quali, nel 1637, da Roma, l'inviano (verosimilmente arricchita dall'attuale cornice) alla regina cattolica d'Inghilterra, Enrichetta-Maria, moglie di re Carlo Stuart, deposto e decapitato nel 1649 da Olivier Cromwell, da cui la dispersione con la vendita di molti beni per appianare parte dei debiti della corona. Acquisita da Don Gaspar de Haro, nipote del Conte-Duca d'Olivares e plenipotenziario degli Asburgo di Spagna, la Madonna Botti scompare con la vendita delle sue raccolte, riapparendo allo scadere del secolo scorso negli Stati Uniti, presso la famiglia Boothe, il resto è cronaca di questi giorni.