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Amiamo il cinema ma lo frequentiamo col contagocce

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Il presidente dell'Anec, Walter Vacchino: «Non è un problema di prezzo, bisogna studiare il mercato»

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Questi alcuni flash emersi da una indagine effettuata su duemila interviste telefoniche, illustrata ieri alle Giornate Professionali di Cinema di Sorrento. La prima fase della ricerca su «Il futuro del pubblico del cinema», realizzata per le associazioni degli esercenti e dei distributori, Anec e Unidim, dal dipartimento di sociologia dell'Università La Sapienza di Roma. Dopo l'allarme lanciato qualche tempo fa circa una diminuzione di pubblico a fronte di un aumento degli schermi, gli organismi di settore corrono ai ripari, cercando di capire dove possono intervenire. «Questa è la prima tranche di uno studio più complesso che servirà ad individuare il non spettatore per poter finalmente colloquiare con lui» dice il presidente dell'Anec Walter Vacchino. Come gli farete cambiare idea? «Invitandolo al cinema e fargli vedere come è cambiato nel tempo. Ovviamente ci rivolgeremo a chi non frequenta da anni le sale o ci va una volta l'anno». C'è un dato importante, quello sui giovani, come invogliarli? «Tra i giovani è alta la percentuale di quelli che si recano nelle sale con la famiglia, ed abbiamo intenzione di incentivare tale presenze con servizi ed iniziative aggiuntivi». Ci pare di capire che sul prezzo del biglietto fate un po' orecchie da mercante, il 38% lo vorrebbe ad un costo fisso di cinque euro... «Non è vero, il prezzo medio, nonostante l'inflazione, non ha subito aumenti e questo perchè ci sono offerte variegate. Si possono trovare biglietti d'ingresso a 7, 6.50 o 4 euro addirittura. Non solo. Dall'indagine emerge che il pubblico è disposto a pagare di più in base all'importanza ed al valore della sala mentre è assolutamente contrario a sborsare una somma maggiore secondo l'importanza della pellicola proiettata. Questo dato apre una scenario nuovo, probabilmente non siamo capaci di far conoscere i nostri prodotti. È finito il tempo di procedere a tentoni, bisogna studiare il mercato».

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