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di LORENZO INFANTINO IL PROTOCOLLO di Kyoto? È una forma di dirigismo ecologico.

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Le Nazioni Unite terranno a Milano, dall'1 al 12 dicembre 2003, il nono round negoziale sul mutamento climatico; ma il capoluogo lombardo ospiterà pure (domani, a partire dalle ore 10 presso il Centro Congressi delle Stelline) un convegno promosso dall'Istituto Bruno Leoni, che si concentrerà sugli aspetti scientifici, economici e politici del riscaldamento globale. Per dire tre volte no a ogni tentativo di «controllare il clima» per mezzo di trattati internazionali. Com'è noto, la comunità scientifica è ben lontana dall'aver raggiunto un consenso sulle ragioni, e perfino sulla stessa esistenza, di un effetto serra dovuto alle attività umane. I controlli scientifici non danno luogo a risultati univocamente chiari e decifrabili: per esempio, mentre le stazioni di misura poste sulla terraferma hanno individuato un trend verso l'aumento delle temperature medie, i satelliti non lo hanno rilevato. Come ha scritto S. Fred Singer, astrofisico dell'Università della Virginia e relatore alla giornata di studi all'Istituto Bruno Leoni, «sulla base di quanto si può dedurre dalle osservazioni empiriche, i fattori naturali sono predominanti mentre l'impatto antropico è ancora troppo piccolo per poterne attestare con certezza l'esistenza». A fronte di una comprensione tanto debole delle dinamiche climatiche, l'adozione di strumenti quali il protocollo di Kyoto pone rischi pesantissimi. Esso, infatti, si tradurrebbe in un aumento generalizzato del costo dell'energia, che finirebbe per cadere sulle spalle dei consumatori. È questa la tesi che Margo Thorning, dell'International Council for Capital Formation, esporrà a Milano. Detto organismo ha diffuso uno studio secondo cui l'Italia potrebbe perdere fino a 280.000 posti di lavoro entro il 2025, in caso di applicazione del protocollo. Il convegno si concluderà con un dibattito tra alcuni esponenti politici e lo studioso americano Fred Smith Jr. (presidente del Competitive Enterprise Institute di Washington). È chiaro che Kyoto potrebbe condurre a un rallentamento della crescita economica. L'imposizione di nuovi prelievi fiscali sull'energia non favorirebbe di certo lo sviluppo. In effetti, i fautori del «controllo del clima» si rendono perfettamente conto che le loro azioni di intervento distoglierebbero una quantità ingente di risorse dai fini produttivi, con la conseguenza che sarebbe sempre più difficile per il sistema economico soddisfare i bisogni di una popolazione in crescita. Il punto è che molti ecologisti radicali mirano all'effetto serra proprio per colpire l'incremento demografico. Ma, come ha scritto Friedrich von Hayek, ciò non è nell'interesse delle comunità umane, specie quelle povere, e «sarebbe presuntuoso, e moralmente indifendibile, consigliare loro, e tanto più costringerli, a mantenere basso il loro numero».

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