«Radio pronta per una nuova rivoluzione»
E, con un'intuizione rivelatasi vincente, ha effettuato già da tempo, una impostazione tematica dei canali, sulla quale solo recentemente si sta orientando la Televisione. Ne è convinto Renzo Arbore, uno degli inventori, assieme a Gianni Boncompagni, della rivoluzione radiofonica tra gli anni Sessanta e Settanta che trovò la massima espressione in programmi come «Alto gradimento», divenuti veri e propri cult. La pubblicazione, a cura della Garzanti, della prima enciclopedia dedicata alla Radio a cura di Peppino Ortoleva e Barbara Scaramucci, è l'occasione di analizzare, assieme ad Arbore, le fasi evolutive del primo mezzo di comunicazione di massa del secolo scorso. Crede che accanto alla scelta tematica ci siano altre strade da percorrere per la rivalutazione del mezzo radiofonico? «La Radio è rimasta, oggi, l'unico mezzo che presta attenzione al mondo delle sette note, visto che la Tv è parca di spazi da dedicare alla promozione della buona musica. Un compito reso ancor più significativo dalla constatazione che si sta mettendo ordine negli archivi radiofonici. Vengono alla luce testimonianze di personaggi storici della Radio con la possibilità di riascoltare la musica di un tempo, non asservita ai discografici e svincolata dalla produzione industriale». Un reperto di inestimabile valore è il nastro su cui è incisa la voce di Maria Luisa Boncompagni, la prima annunciatrice radiofonica che nel 1924, dava il via alle trasmissioni. Da allora come è mutata la fruizione della Radio? «Agli inizi veniva privilegiata la musica, al punto che solo i grandi maestri assurgevano a compiti dirigenziali. La Radio degli esordi era amata e seguita. La fase di declino, iniziata con l'avvento della Tv, è stata superata verso la metà degli anni '60 da quella rivoluzione che, oltre me e Boncompagni, ha avuto come protagonisti personaggi quali Enzo Tortora e Maurizio Costanzo. La nascita delle emittenti private ha radicalmente modificato la fruizione del mezzo ed imposto quelle scelte tematiche finalizzate a raccogliere pubblici di differente target, seguite anche dai canali di Viale Mazzini. Oggi Radiouno punta sull'informazione, Radiodue sull'intrattenimento e Radiotre sulla cultura». Ritiene che, al pari della Tv, anche per la Radio, il futuro debba ricollegarsi al passato? «Ne sono convinto. In quest'ottica è da apprezzare il grande lavoro delle Teche Rai che anche per la radiofonia ha portato alla luce reperti storici. La nascita dell'Enciclopedia della Radio è un ulteriore contributo alla ricerca delle radici storiche del nostro passato. Purtroppo della Radio si parla sempre molto poco, surclassata com'è dall'attenzione rivolta alla Tv. Ma non è un mezzo superato. Potendosi ascoltare dappertutto, è, rispetto alla televisione, meno totalizzante e più consona alle esigenze della vita moderna». Non crede che oggi manchino trasmissioni cult, come, appunto, «Bandiera gialla» ed «Il gambero?». «È il limite più evidente della radiofonia. Se si escludono appuntamenti come "Viva Radiodue" condotto da Fiorello, si avverte la mancanza di programmi quali la "Hit parade", condotta da Lelio Luttazzi e lo stesso "Alto gradimento". Tornerà in Radio con un programma sul jazz? «Per adesso no. Sono impegnato nella realizzazione di un nuovo cd la cui uscita è prevista a fine primavera del 2004. Canterò ancora con gli Swimming Maniacs. Non riproporremo soltanto vecchi brani degli anni '40 con un nuovo arrangiamento, ma anche una serie di belle canzoni, moderne ed antiche che provengono dal jazz». E la Tv? «Per adesso può attendere».