«Marcinelle», fiction lenta e penalizzata da volti troppo noti
Morti che, inutilmente, hanno chiesto giustizia e che adesso riappaiono nel ricordo collettivo grazie a «Marcinelle», fiction in due puntate. Ieri sera su Raiuno è andato in onda il primo episodio, nel quale si delineavano e si presentavano i personaggi. Il cuore della tragedia è contenuto nella puntata di questa sera, con la ricostruzione dell'esplosione della miniera. La sceneggiatura di Toscano e Marotta descrive i protagonisti e le loro storie di emarginazione e di speranza con la consueta puntualità. L'epoca, il 1956, è rivisitata con particolareggiata cura, sottolineando il sogno degli emigranti che cercavano una speranza di vita fuori dall'Italia non in grado di assicurare neppure la sopravvivenza. Ma proprio perché la fiction si occupa di emarginazione, di povertà, di illusioni morte prima ancora di nascere, si nota nello svolgimento degli eventi una lentezza, dovuta alla malinconia ed alla tragicità della morte che incombe su quegli uomini che perderanno la vita e la cui scomparsa è stata attribuita ad una fatalità. I fratelli Frazzi ne hanno curato la regia muovendosi con consapevole disinvoltura tra i personaggi della storia che forse avrebbero dovuto avere il volto anonimo di attori poco noti. Claudio Amendola, infatti, si sforza di rendersi credibile, e Maria Grazia Cucinotta nulla aggiunge, se non la popolarità della sua immagine, ad una vicenda appesantita, forse, da musiche molto impegnative ma ritenute idonee al prodotto.