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«Ho spiegato a Swarzy che è un controsenso vederlo governatore»

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A 74 anni di età, più di cento film come attore protagonista, ventiquattro film da regista, sei documentari ecologici e una fama da eterno duro impenitente, Clint Eastwood ha ancora una volta stupito la critica più ostica con «Mystic river», un film sul difficile tema della pedofilia. Grazie ad un cast davvero eccezionale - Sean Penn, Kevin Bacon, Tim Robbins, Lawrence Fishburne e Laura Finney - Clint Eastwood è riuscito ad offrire un quadro collettivo dell'America del nuovo millennio. Caso politico più unico che raro, Clint Eastwood è forse l'unico autore di cinema al mondo che è stato identificato prima come campione della destra più conservatrice (i western con Sergio Leone e la serie degli ispettori Callaghan) poi come esempio di libertà intellettuale della sinistra (la descrizione dell'ambiente jazz americano a Parigi in «Round midnight») e infine, come tipico autore romantico («I ponti di Madison County») e rappresentante di quello spirito libertario della frontiera americana che vuole sempre prendere le distanze dal gioco politico di Washington. Vedi le sue critiche all'elezione di Schwarzenegger a governatore della California. Chi non la conosce bene è rimasto molto colpito dal fatto che lei ha attaccato fortemente la candidatura di Schwarzenegger. «Io non ho attaccato nessuno, questo è il bello. Quando è iniziata la campagna elettorale da più parti mi hanno chiesto se mi presentavo candidato e io ho fatto sapere che non mi sembrava il caso. Arnold ha insistito per invitarmi come ospite ad un evento il cui fine era raccogliere fondi per beneficenza e io avevo accettato perché il fine mi sembrava nobile. Una volta sul palco ho capito che al di là della colletta si tentava di usare il mio nome come grande elettore di Schwarzenegger - cosa che non sono mai stato - e allora ho ritenuto opportuno charire la mia posizione davanti a tutti». Ma lei è stato attivo in politica come sindaco di Carmel. «Una cosa è fare il sindaco di una comunità piccola dove tutti ti conoscono e dove la realtà è locale, un'altra cosa è pensare di poter risolvere problemi giganteschi senza aver la minima idea di che cosa si sta per affrontare. La città di Brescia penso che stia all'Italia come Carmel sta alla California. Non so chi sia il sindaco di Brescia, ma non credo che, nel caso si tratti di un eccellente sindaco, automaticamente lo trasformi in un politico in grado di rappresentare le esigenze di tutti gli italiani». Lei è stato esaltato e attaccato sia da destra che da sinistra. Prma perché era troppo macho poi perché troppo sentimentale, da alcune parti addirittura accusato di essere troppo intellettuale. Come mai questo fenomeno? A che cosa lo attribuisce? «È la libertà della critica di dire e scrivere ciò che passa loro per la testa, è una loro interpretazione. Io ho sempre detestato le etichette e non mi piacciono le ideologie. Non mi piace neppure la gente faziosa. Quando I repubblicani mi hanno offerto la carica di sindaco io ho accettato perché si trattava della mia città. Amo la natura e gli animali e quindi mi sono battuto per abolire il diritto alla caccia e trasformare il luogo in parco nazionale rilanciando la zona come meta turistica. Dal mio punto di vista si trattò di un'operazione ecologica buona e allo stesso tempo un ottimo affare per tutti. In quel caso ci fu chi sostenne che io ero passato dalla destra alla sinistra. Erano stupidi sia quelli di destra che di sinistra. Le idee buone, che funzionano e riscono a far convivere in armonia la gente non hanno bandiera, mi sembra fin troppo ovvio».

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