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dall'inviato KATIA PERRINI MILANO — I gruppi italiani investono sugli stilisti stranieri.

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Così va il mondo della moda nel nostro paese. E, nonostante, il pullulare di scuole e di master, realizzare i propri sogni, per un couturier in erba, è difficile. Se n'è accorto subito l'assessore alla Moda del Comune di Milano, Giovanni Bozzetti. «All'inizio del mandato - ha spiegato - sono venuti da me due o tre ragazzi e mi hanno chiesto: "Cosa può fare per noi?"». È nata così l'idea di «Milano studia la moda», una tre giorni tutta dedicata agli emergenti. Un'occasione per discutere, confrontarsi con i grandi, chiedere consigli e mostrare le proprie creazioni. Il numero "zero" della manifestazione è partito proprio questo week-end nel capogluogo meneghino con una tavola rotonda. La domanda era, per l'appunto: "Cosa fate per i giovani stilisti?". Il presidente della Camera nazionale della Moda, Mario Boselli, ha annunciato che presto diventerà una realtà la sua idea di «tutor». Ossia una firma affermata che prende sotto la sua ala protettrice uno stilista alle prime armi diventando socio di minoranza della sua azienda. Per il presidente di AltaRoma, Stefano Dominella, il modo migliore per stare vicino ai creativi del futuro, è quello di produrre le proprie performance (in occasione delle ultime sfilate nella Città Eterna l'agenzia capitolina ne ha prodotte otto). Il Comune di Milano, oltre a stanziare 100 mila euro per «Milano studia la moda», ha in mente l'istituzione di un premio, l'offerta di borse di studio e stage gratuiti. Ma proprio sull'insegnamento e sulle scuole punta il dito Vittorio Giulini, presidente di Sistema Moda Italia. «Stilismo, industria e distribuzione - dice - devono marciare insieme. La figura dello stilista oggi è cambiata. Non si può più prescindere dalla conoscenza delle tecnologie. Le nostre scuole non preparano i ragazzi ad affrontare il mondo del lavoro, non li preparano tecnologicamente e il risultato è che non abbiamo gli esperti informatici che servono». Gli stilisti però non sono proprio del tutto d'accordo. Perché se è vero che le fantasie più particolari sono elaborate dal computer, dietro c'è sempre la matita del creatore. «Mio padre lavora ancora con i pennelli e l'acquerello», racconta Vittorio Missoni, figlio del grande Ottavio. E Roberto Cavalli aggiunge: «Bisogna conoscere tutto per poi scegliere. Dal computer io oggi sto tornando un po' indietro». E ai giovani lo stilista fiorentino consiglia: «Non abbiate fretta di sfilare troppo presto. Fate la gavetta, siate umili, accettate i consigli. E poi, per imporre il vostro stile, credete in voi stessi ed esagerate». Non ha esagerato, invece, Alessandro Dell'Acqua, che si sta facendo largo pian piano con il suo stile poco «urlato» e che ha già avuto i suoi riscontri. Lo definiscono un «giovane» ma lui ha già 41 anni e qualche sassolino nelle scarpe da togliersi. «Ho avuto tanti problemi - racconta - non avrei voluto essere inglobato da un gruppo straniero. Ma nessun italiano si è interessato a me. Ancora oggi sono costretto a sfilare alle 9 di mattina... Dalle istituzioni nessun appoggio». La formula del successo più attuale la detta Elio Fiorucci: «Il segreto è nell'essere completi a 360 gradi. Produrre e promuovere se stessi». Sembrerebbe semplice ma in Italia resta in sella a tutto tondo solo Giorgio Armani. Inscalfibile davanti alle avances dei stranieri. Ma dopo di lui?

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