di ALBERTO LOMBARDO AMATO, letto, rivalutato dalla sinistra, ma ancora, in alcuni casi, specie ...
È Tolkien, l'autore del celeberrimo «Il Signore degli anelli». Dispute sfociate, ora che sta per uscire il nuovo film, il terzo della saga nordica, anche in un pamphlet polemico di due giovani autori. Si tratta de «L'anello che non tiene. Tolkien fra letteratura e mistificazione», di Lucio del Corso e Paolo Pecere (edizioni Minimum Fax), un volumetto che vorrebbe «snidare» le distorsioni di cui l'opera tolkieniana sarebbe stata fatta oggetto. In buona sostanza, sostengono i due autori, la «mistificazione» consisterebbe nell'interpretazione di Tolkien operata dalla destra, che si sarebbe indebitamente appropriata dell'opera del filologo di Oxford facendo continuo riferimento al suo mondo immaginario tramite slogan, simboli, modelli letterarî e di stile. Del Corso e Pecere «mettono in guardia» i lettori anche dalla critica tradizionale alle opere tolkieniane: l'edizione italiana de «Il Signore degli Anelli» è introdotta da uno studioso «irrazionale» come Elémire Zolla e curata da Quirino Principe, il quale si è occupato anche di Ernst Jünger»; per non dire poi del fatto che il libro venne stampato per la prima volta in Italia dalla casa editrice «di destra» Rusconi, allora diretta da Alfredo Cattabiani, e che il principale interprete e curatore delle opere di Tolkien sia da sempre Gianfranco de Turris, il quale al tempo stesso è che segretario della Fondazione Evola. Ma che dicono i chiamati in causa dal libro? Per Paolo Gulisano, curatore di alcuni libri di e su Tolkien, «il successo straordinario di Tolkien, che ne fa ormai a tutti gli effetti non solo un autore di genere, relegato nella nicchia del fantasy, ma un classico tout court del '900, ha suscitato qualche preoccupazione, e la necessità di porre dei nuovi freni a questo scrittore, che un tempo erano ideologici (non leggetelo perché è fascista) e ora - in linea con le mode del tempo - sono minimaliste (è solo un bel racconto avventuroso e nulla più). Tolkien non può che essere definito l'Omero del '900, per il respiro e la grandezza epica del suo narrare e della sua poetica, e cristiano perché tale era, in modo appassionato e commovente, e la sua storia è intrisa di questo spirito». Gianfranco de Turris sostiene: «Era automatico che la cultura di destra degli anni Settanta e Ottanta si riconoscesse nel mondo immaginario di Tolkien. Che male c'è in questo? Non si può «mistificare» uno scrittore che parla dei valori e dei miti che sono sempre stati tuoi, né può esservi una conseguente «deformazione interpretativa»! Casomai questi sono termini che si possono applicare a tutti quegli autori, Tolkien compreso, che pur non essendo «di sinistra», la cultura di sinistra ha cercato e cerca di far suoi, di appropriarsene quando si accorge che sono diventati troppo popolari per non essere presi in considerazione (vedi le recensioni dei giornali di sinistra all'apparizione del film di Peter Jackson, con risultati esilaranti)».