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Mommsen, l'amante di Roma

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Questo sommo studioso, incredibilmente prolifico - la sua produzione scientifica toccava le 40.000 pagine - cui l'Italia delle memorie antiche deve non poco, viene ricordato domani e dopodomani all'Accademia dei Lincei mentre l'Università degli Studi del Molise ha predisposto, per la primavera del 2004, un Convegno Internazionale ANCORA oggi Mommsen fa discutere. Fu grande studioso che spaziò nelle discipline antichistiche, storiche e giuridiche, e fu un cittadino esemplare che fustigò la Germania del suo tempo. Non fu un uomo semplice, e che fosse un uomo non comune lo dimostra già il fatto che ebbe 16 figli. Passava momenti di incessante produttività inondando come un fiume in piena la ricerca scientifica. E si caricava di sacra ira quando erano in discussione i principi della democrazia. Si scontrò duramente in più di un'occasione con Bismark ritenendolo un prodromo del cancellierato del Führer della Germania hitleriana. Invitò l'Imperatore Guglielmo a vedere il suo modello in Federico il Grande piuttosto che in quella che lo stesso Mommsen riteneva la decadenza democratica di Bismark come anticipazione della dittatura. Questo spiega perché non fu amato da gran parte della cultura tedesca contemporanea. Richard Wagner il 15 agosto 1880 giudicò l'incendio della biblioteca di Mommsen un danno irreparabile per la storia della cultura per cui sarebbe stato meglio se si fossero salvati i suoi libri e fosse andato a fuoco il suo proprietario. Sul contributo dato da Mommsen allo sviluppo della cultura lo capirono bene gli organizzatori del premio Nobel nell'attribuire al vecchio Maestro il premio per la letteratura per la Storia di Roma. Mommsen è grande come giurista, come storico e sommo come uomo di cultura. Fu grande giurista, e grande come storico del diritto pubblico romano. La Storia di Roma, che si risolveva poi nella Storia delle province romane, è la prima messa a punto della dottrina su un problema che fino ad allora era stato disatteso, e dove Roma è vista come il punto nevralgico di un sistema dove l'Urbe diventa l'Orbe restando sempre sé stessa (cioè Urbe). E fu grande storico perché scavò nelle fonti, soprattutto epigrafiche, per ricercare le origini della civiltà latina al cui studio era stato destinato dal padre e poi dalla insorgente scuola epigrafica italiana di Bartolomeo Borghesi che Mommsen ritenne sempre suo Maestro. Di qui l'avvio dello studio delle fonti epigrafiche del Molise,che diventano da allora il punto di riferimento per ogni successivo studio sull'Italia antica e sui rapporti fra questa e la civiltà romana, e il dato di partenza, anche, per capire quali rapporti ebbero ad aversi fra Istituzioni italiche e Istituzioni giuridiche romane. Fu Borghesi, il fondatore della Scuola epigrafica italiana ad indirizzare Mommsen ai siti molisani delle antiche epigrafi convinto com'era che solo un umanista preparato come lui poteva discernere fra fonti false e attendibili. Inizia così l'avventura del «Corpus Inscripiotum Latinarum» e incomincia anche l'avventura del Mommsen che prende l'avvio da Venafro. A dorso d'asino in questo suo perlustrare il territorio molisano trova epigrafi e intavola rapporti prima con i Vescovi locali e con le famiglie più rappresentativa. Nasce così, passo dopo passo, il volume IX del «Corpus Inscriptionum Latinarum» che raccoglie migliaia di iscrizioni, vanto dell'epigrafia latina. Mommsen mori nel 1903 per le escoriazioni causate dalla bruciatura dei suoi folti capelli.

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