Bellonci e i luoghi comuni sulla sposa-bambina Mondadori ripubblica il romanzo che ha rivalutato la figura della dama estense
Limpida la scrittura, meticolosa la ricerca storica, avvincente la narrazione di un periodo estremamente complesso. L'opera è assai più di un romanzo: è il ritratto di un'epoca e di un personaggio diffamato. Perché Lucrezia Borgia non avvelenò nessuno, non volle la morte dei suoi simili, meno che mai fu una donna cinica e viziosa. Eppure, questi luoghi comuni sono duri a morire (tanta parte vi hanno avuto le ricostruzioni cinematografiche, sempre approssimative e bugiarde). In realtà, la bella figlia di Rodrigo Borgia, assurto al Soglio Pontificio col nome di Alessandro VI, fu la vittima dei calcoli politici del padre e del fratello, quel tale Cesare Borgia — questi sì cinico e spregiudicato — nel quale Machiavelli credette di ravvisare il suo «Principe». Sposa-bambina a tredici anni, impalmata da Giovanni Sforza — Vicario della Chiesa per Pesaro — Lucrezia andò incontro a una tormentata quanto breve esistenza (morì di parto ad appena 39 anni). «Da queste nozze bianche che solo una ragione politica aveva precipitate — scrive l'autrice — comincia l'esistenza oscillante di Lucrezia quale era imposta a lei dalle circostanze e dalle ambizioni dei suoi familiari, ma quale ella accettava e sarebbe andata sempre meglio accettando. Non nella sua debolezza, ma nella fatalità intima dei suoi assensi ognuno dei quali è una capitolazione, sta il vero dramma di Lucrezia». Una docile pedina della potente famiglia dei Borgia? In un certo senso sì, perché era difficile sottrarsi a richieste che assumevano lo sgradevole significato di obblighi. Sempre secondo i disegni politici di Alessandro VI, il primo matrimonio fu dichiarato nullo e Lucrezia andò in sposa ad Alfonso d'Aragona, che gli scherani di Cesare Borgia strangolarono. Il terzo matrimonio fu contratto con il riluttante Alfonso d'Este, primogenito del duca di Ferrara. Nella cornice della corte estense, la stella di Lucrezia, stanca della politica, risplendette come non mai, e divenne popolarissima. Una esistenza, bruciata in fretta, ebbe almeno in consolazione dapprima per l'amore delle lettere e del mecenatismo, poi per il raccoglimento e la preghiera. Ma è certo che Lucrezia non aveva sulla coscienza crimini e misfatti, dai quali dovesse emendarsi. Maria Bellonci «Lucrezia Borgia», Mondadori, 533 pagine, 22 euro