VISTO DA UN AMICO
C'è sempre il pericolo di uscire di strada, per troppo affetto o per mancanza di distacco. Ma ora che mi si chiede un ritrattino a punta secca del mio amico fraterno Antonio Spinosa, dirò come lo vedo io; e pazienza se poi lui farà fatica a riconoscersi. I molti suoi lettori sanno che non è soltanto un acuto notista politico; è anche - direi soprattutto - uno storico. Ma non è il solito cattedratico polveroso. No, Spinosa è uno Storico-Zelig: sulle tracce del personaggio di Woody Allen, si mimetizza nei panni dell'eroe di cui scrive. L'ultimo suo saggio è su Napoleone: in 360 pagine ne descrive vizi e crudeltà, invasioni e saccheggi, amori e inganni. A mano a mano che segui le vicende del «fatale Còrso», hai la sensazione che Spinosa faccia parte della Corte dell'Imperatore; o almeno sia ammesso alle riunioni del quartiere generale. Apprendi che «Napo» (così lo chiamano i perfidi britanni) ha il pensiero rivolto al prossimo campo di battaglia, ma i sensi lo attraggono verso questa o quella amante. Alla quale raccomanda, con lettera sigillata con stemma imperiale, di «non lavarsi troppo». Oh gran lascivia dell'Ottocento odoroso: il penchant per le femmine ruspanti l'aveva pure un Savoia, Vittorio Emanuele II. Ma Spinosa ha altri segreti e altri misteri. Come faceva Machiavelli, che la sera indossava i miglior panni nel suo colloquio con i grandi del passato, così immagino Spinosa-Zelig che veste gli abiti dei propri modelli. Non saprei dire il nome del suo sarto; ma ho il sospetto che don Antonio abbia fatto un corso di equitazione, e abbia attraversato i prati di Villa Borghese al galoppo, con la mantella rossa che «Napo» porta nel quadro di David. Per questo suo dono mimetico, Spinosa-Zelig non è quasi mai con noi. Vive altrove, in un vortice di eventi e di gloria. Quando stava scrivendo la biografia di Cesare, se lo chiamavi al telefono ti rispondeva in latino: «Alea iacta est». E se poi gli chiedevi: «Antonio, ti sarai mica raffreddato?», lui rispondeva serio: «Ho appena passato il Rubicone». Naturalmente c'è dello humour sotteso alle sue parole; ma mica tanto. Non è escluso che il mio Storico-Zelig indossasse la toga quando raccontò da par suo l'assalto di Bruto a Cesare, sulle soglie del Foro. Per le stesse ragioni, scrivendo di D'Annunzio, ogni tanto cavalcava in Versilia un baio di nome Folo, pur tenendo nell'orbita sinistra un monocolo con collanina d'oro. Immagino con quanta cura la signora Spinosa, che di nome fa Elettra, dovrà conservare gli «abiti di scena». Ma se poi arrivano d'improvviso degli amici, mentre il Maestro è all'opera? La signora Elettra sospira: «Questo è il problema».