La Roma di Scola pigra e tollerante ma senza Vaticano
Come sempre, Ettore Scola saluta i giornalisti senza rinunciare al graffio dell'ironia. L'occasione è la presentazione alla stampa di «Gente di Roma», il suo ultimo film, dal prossimo 31 ottobre in 40 sale («di cui il 10% a Roma» scherza il regista). Girato in digitale e poi trasferito in pellicola «Gente di Roma» è un film, anzi un affresco che dipinge la vita quotidiana nella capitale avendo come filo conduttore un autobus che percorre la città in lungo e in largo, dai Parioli al Tuscolano, dal Centro Storico a Testaccio. Un percorso frammentato da numerosi micro-episodi interpretati da una legione di attori entusiasti e di generazioni diversissime: da Valerio Mastandrea ad Arnoldo Foà, passando per Stefania Sandrelli, Sabrina Impacciatore, Salvatore Marino, Antonello Fassari ed un "grande vecchio" della romanità, da poco scomparso, come Fiorenzo Fiorentini. Una Roma nuova, quella di Scola (che l'aveva già leggendariamente raccontata in «C'eravamo tanto amati» del 1974, considerato il capolavoro del regista campano) insolita, più dura ma anche più umana di quello che era lecito attendersi da un autore politicamente impegnato a sinistra, e da sempre attento al sociale. Una città in cui (per la prima volta dai tempi di «Roma» di Federico Fellini) compaiono anche, e con decisione, le storie degli immigrati. E degli anziani. «Sarà perchè io sono sia immigrato che anziano - ironizza Scola, che è nato a Trevico, in Campania, 72 anni fa - ma in realtà la Roma che descrivo continua ad avere molti difetti, anche se a me sembrano meno insopportabili che in altri posti, in altre città». Creando non poco imbarazzo nel cattolico Andrea Piersanti, presidente dell'Istituto Luce che distribuisce la pellicola, Scola tra i difetti della Capitale inserisce anche il vaticano. Tanto che nel film San Pietro e dintorni non appaiono mai. Scola, lei parla dei difetti della città. Quali sono, ed in che senso sono "meno peggiori" che altrove? «Mi spiego: parlando di immigrazione, ad esempio, io vedo che gli immigrati trovano a Roma un senso d'indifferenza, che per chi arriva da lontano a volte è l'accoglienza migliore. Roma con loro non è nè intollerante nè generosa. E forse è proprio questa indifferenza l'inizio, per loro, di una possibile integrazione». Si parlava di difetti. E quali sono, secondo lei, le virtù di Roma? «A Roma esistono molte virtù che altrove sono addirittura esecrate e che spesso le hanno suscitato contro persino ondate di antipatia. Si pensi all'affiancamento ormai storico tra Roma ed Alberto Sordi, che rappresenta la vera "essenza" della città e dei suoi abitanti. I quali non indulgono sui propri difetti, ridendone anzi ogni volta che possono. Ecco perchè Alberto, nei suoi film, tentava di imbruttirsi, di rendersi goffo e manigoldo ancor più di quanto fosse richiesto dal copione. Mentre, ad esempio, un grande come Woody Allen spesso si descrive nei suoi film migliorandosi, indulgendo su se stesso, descrivendosi come uomo desiderato da splendide donne. Alberto no. Alberto aveva un modo tutto romano di rappresentare persino l'amore come un sentimento pieno di tristezza e di malinconia, ma anche di ironia. Come un vero romano». «Come pensa che sarà accolto il suo film fuori da Roma? «Come Roma è piena di stupidi, Milano, ad esempio, è colma di persone intelligenti. Quindi penso che il film, avendo un carattere nazionale, possa andar bene in qualsiasi zona. E dico questo perchè abbiamo voluto limitare al massimo i luoghi comuni, quello che io chiamo "il trasteverismo", un modo di rappresentare la romanità che ormai è detestato persino dagli stessi romani. Anche se io non mi chiedo quasi mai come andranno i miei film. Altrimenti avrei smesso di fare cinema già molto giovane. Se si pensa che "Il sorpasso" (sceneggiato anche da Ettore Scola ndr) volevano smontarlo dopo il primo giorno perchè stava andando malissimo...» Per chiudere: cosa pensa dei suoi "nipotini" come Paolo V