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Una legge prevede la cessione di opere allo Stato. Ma nessuno la applica. Finalmente ora è successo

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Arte fuori dallo stagno

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Forse non tutti sanno che esiste una legge (voluta dal ministro Scotti, la 512 del 1982 assorbita nel D.L. n.346 del 31/10/1990, art.39) che prevede la possibilità da parte di un artista di riconosciuto valore o dei suoi eredi di cedere sue opere allo Stato come pagamento delle imposte dirette. In teoria i vantaggi sono molti per entrambe le parti: l'artista non paga le tasse in contanti e ha la possibilità di vedere esposte le proprie opere nei musei pubblici; lo Stato entra in possesso di opere importanti a prezzi contenuti, decisi da apposita commissione. Ma il problema è che la legge in questione viene raramente applicata, tanti sono i vincoli e i passaggi burocratici, oltre ai rimpalli di responsabilità da un ministero all'altro. Da pochi giorni è stata accolta dallo Stato la cessione da parte di Dorazio di sei sue opere per il valore complessivo di 441.570 euro: il gigantesco quadro intitolato «Gin Rull» e già da tempo esposto all'Archivio Centrale dello Stato di Roma e altri cinque dipinti storici, di cui due («Ognuno tesse le sue indulgenze» e «Minus one») consegnati dall'artista alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna dal 1991. L'iter della vicenda burocratica era iniziato nel 1985 e ha avuto momenti di crisi (Dorazio ha più volte minacciato di riprendersi le opere date in deposito). E ora che dice, il Maestro? «In tutti i paesi civili i pochi e validi artisti della mia generazione vengono celebrati e presentati all'estero. Soltanto in Italia vengono o ignorati o straziati da una burocrazia ottusa che non ha mai concesso in tempo il riconoscimento che merita la loro opera coraggiosa di rinnovamento». Per quanto riguarda l'arte contemporanea (è infatti prevista anche la cessione di beni culturali genericamente definiti) la Legge Scotti fu applicata per la prima volta nel caso di Alberto Burri, un nome di indiscusso rilievo per il quale molto si battè Augusta Monferini quando era Soprintendente alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Le opere di Burri furono accettate dallo Stato in cambio delle imposte dirette nel 1992, a dieci anni dalla proposta iniziale formulata nel 1982. Spiega Monferini, la Soprintendente che ha più favorito queste cessioni poi ribattezzate donazioni: «I maggiori ostacoli vengono dai ministeri economici, restii a capire le ragioni della cultura e a dare parere positivo alla cessione. Dopo quella di Burri sono riuscita a ottenerne, in forme simili, molte altre: di Balla, De Chirico e Guttuso, ad esempio. Sono pratiche complicate e bisogna seguirle passo dopo passo. Invece oggi alla Gnam non sono altrettanto tenaci. Così si perdono occasioni preziose». Ovviamente non è d'accordo Barbara Tomassi, della Gnam, che invece sottolinea tutti gli sforzi del museo per far andare in porto la cessione di Dorazio. E gli storici dell'arte che ne pensano? Per tutti l'opinione di Maurizio Calvesi: «La legge 512/82 è occasione fondamentale per arricchire con poca spesa le nostre collezioni. Applichiamola più spesso e in tempi celeri».

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