Tre amici in una gelida tragedia

AMERICA nera. Raccontata, con il suo abituale pessimismo d'autore, da Clint Eastwood tramite un thriller di Dennis Lehane, «La morte non dimentica». Due momenti. Il primo vede un ragazzetto, Dave, rapito mentre gioca in una strada di Boston con due coetanei e violentato da uno sconosciuto quattro giorni di seguito. Il secondo ci propone le vicende di quei tre amici trentacinque anni dopo. Dave, traumatizzato a vita dalla sua brutta avventura, fragile, disoccupato, padre di un bambino. Uno dei suoi amici, Jimmy, con lavoro e famiglia. Il terzo, Sean, diventato poliziotto. Si ritrovano perché un brutto giorno la figlia di Jimmy viene assassinata e Sean indaga insieme con lui ansioso di farsi giustizia da sé, mentre, dal canto suo Dave, pestato a sangue in strada, dice alla moglie che forse ha ucciso il suo aggressore. La soluzione non attenua il «nero» da cui si era partiti, anzi lo porta addirittura al diapason, con le tensioni del thriller che, intenzionalmente, sconfinano nell'orrore. Eastwood, che si è scritto il testo (oltre a delle musiche cupe), ha lavorato di fino attorno ai caratteri dei tre protagonisti (e anche a quelli, non marginali, delle mogli), dosandone con asciutto rigore tutti i processi psicologici. Senza mai note di troppo. Mentre la sua regia, con una distanza di ghiaccio, tende quasi soltanto a esporre i fatti, pur scavando nelle loro origini e nelle loro evoluzioni. Con uno stile che, visivamente e come cadenze narrative, si affida sempre ai moduli del cinema americano classico quando affronta le tragedie di casa. Meriti eguali nei protagonisti, specialmente Tim Robbins, la vittima, e Sean Penn, il vendicatore. G. L. R.