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Anteprima a Roma del musical che il cantautore ha tratto da Puccini

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Nessun vip o autorità ieri sera al Gran Teatro per l'anteprima di «Tosca, amore disperato», un'ulteriore prova generale concessa alla stampa. «Si avvicina il momento in cui questa opera strana sarà visibile a tutti - dichiara Lucio Dalla dal palco nella sua breve introduzione -. Dell'opera ha il turbinio dei sentimenti e questa Tosca che sta per prendere il volo mi fa tanta tenerezza». La «connessione» di cui parlava Lucio Dalla nei giorni scorsi è riuscita e, a partire da domani sera, lo spettacolo entrerà finalmente nel vivo della programmazione. La rappresentazione apocrifa di Lucio Dalla, nei panni prima d'ora inediti, di cantaoperista, in realtà ricalca moduli standardizzati dall'avvento e dal successo che negli ultimi tempi riscuote il musical all'italiana. La produzione David Zard, (affiancato questa volta da Ferdinando Pinto), imprime al tutto un marchio immediatamente riconoscibile, così come debuttano collaudati i due personaggi principali: Rosalia Misseri, nei panni di Tosca e Graziano Galatone in quelli di Cavaradossi, già protagonisti in «Notre Dame de Paris», ma contrastano per vocalità e impostazione conformista con le ambizioni futuristiche dell'autore, la cattiveria hip hop, hard-core e l'ironia, a tratti caricaturale, di Spoletta (Lalo Cibelli) che, accanto a Scarpia (Vittorio Matteucci) è stato il vero catalizzatore della scena. Ma se alcuni moduli riecheggiano un'impronta generale, la zampata di Lucio Dalla lascia il segno. Un po' meno le sue canzoni, in odore di citazione e senza il requisito dell'originalità. Sue le musiche e le variazioni su un testo che necessariamente meritava di fare i conti con un'ambientazione contemporanea. Lucio Dalla attua la sua visione dell'estensione storica della funzione dei protagonisti, semplificandone il linguaggio e svecchiandone il look. Complici, in questa operazione acchiappa-giovani, gli abiti disegnati per l'occasione da Giorgio Armani. E siccome i teenagers amano Matrix più dell'opera, si abbonda in coreografie dirette da Daniel Ezralow alle prese con un corpo di ballo di diciannove elementi che irrompe in platea dall'alto calandosi con funi elastiche, mimando continuamente movenze e velocità matrixiane. L'immagine non è primaria, ma connettiva: la musica accompagna l'immagine e viceversa. I video e gli effetti tecnologici realizzati da un giovane artista delle videoproiezioni Fabio Iaquone e dal light designer Marco Macrini, scandiscono continuamente la narrazione, arricchendone l'impatto visivo. Un musical su un'opera, retorica della retorica, che aumenta e dilata le ipotesi di «comunicatività», per uno scopo funzionale, indipendentemente dal risultato letterario, che è quello di usare un linguaggio a misura dell'audience. Il libretto non si discosta e non dissacra l'originale, in una messinscena che esalta il temperamento musicale del melodramma, in cui si scontrano e si esaltano l'Amore, il Potere, la Libertà e la Morte. Se la possente voce di Iskra Menarini (Sidonia) apre lo spettacolo sulle note dell'epica «Amore disperato» che, nella versione discografica avrà il privilegio della voce di Mina, il resto profuma di Accademia giovanile con un Angelotti (nobile romano che decide di sposare la causa giacobina, interpretato da Attilio Fontana), più vicino ad una boy band che ad un cantastorie di mezza età o con la barba. Un teenager entusiasta che mette a repentaglio la propria vita per correre dietro al treno dei cambiamenti, una specie di pop idol dalla voce studiata, che assomiglia di più a Robbie Williams o ai Ragazzi Italiani che a Che Guevara.

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