Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

di CARLO DE RISIO IL DOLLARO degli Stati Uniti cambia pelle, per la seconda volta in pochi anni.

default_image

  • a
  • a
  • a

Non solo. Il «biglietto verde» per antonomasia non sarà più tale: la nuova banconota presenta infatti variazioni cromatiche inusuali, addirittura rivoluzionarie, con tinte color pesca, blu e verdolino. Tra le misure di sicurezza vi sono un filamento di plastica e il valore stampato con inchiostri speciali, che cambiano visti in controluce. Si comincia col «pezzo» da venti dollari (vi è effigiato il Presidente Jackson), un valore preferito negli ultimi tempi dai falsari, insieme con quello da cento dollari, che reca l'immagine di Benjamin Franklin: nei prossimi anni, sarà la volta degli altri tagli ad assumere una diversa colorazione. La Federal Reserve Board aveva deciso una prima «riforma» nel 1996. La rivista «Science News» illustrò, con un servizio particolareggiato, le sostanziali innovazioni apportate alla cartamoneta nazionale. L'immagine di Presidenti o di eminenti personaggi del passato venne, con una nuova grafica, ingrandita e spostata sulla sinistra, per consentire di imprimere una seconda immagine sulla filigrana. Per rendere ancora più efficaci le misure anti-falsari, venne deciso di cambiare anche le figure geometriche che guarniscono i bordi delle banconote, sostituendoli con disegni molto complicati e irregolari, difficili da riprodurre. Almeno così si sperava. Ma i falsari hanno, a loro volta, compiuto un «salto di qualità», annullando il «gap», con l'impiego di mezzi sempre più sofisticati. Uno dei sistemi più in uso consiste nel «lavare», con procedimenti chimici particolari, la banconota da un dollaro, così da ottenere la carta idonea per riprodurre valori più elevati. La contraffazione del biglietto da venti dollari — con grande preoccupazione delle autorità federali — è aumentata a dismisura, dall'uno per cento nel 1995 al quaranta per cento nel 2002, risultando perfino superiore a quella da cento dollari. Si consideri che, otto anni fa, la massa circolante ammontava a 390 miliardi di dollari (due terzi dei quali fuori del territorio degli Stati Uniti) e che la falsificazione del pezzo da cento dollari aveva raggiunto un tale grado di perfezione da essere classificato «supernote». Dopo la banconota da venti dollari, saranno «riformate» anche le altre. Non è stata nemmeno presa in considerazione la conversione del valore da due dollari, riproposto in occasione del bicentenario della Dichiarazione di Indipendenza di Filadelfia (1776-1976), ma che non viene scambiato, perché, secondo la vulgata popolare, «porta sfortuna». La lotta anti-falsari vede impegnato, in prima linea, il «Secret Service», che è un gradino più su di Cia, Fbi, Dea e che ha il compito prioritario di garantire la sicurezza del Presidente e di proteggere la moneta nazionale. La Federal Reserve Board, per parte sua, è intenzionata a cambiare, ogni sette anni, la grafica delle banconote, introducendo «sicurezze» sempre più accurate. Introdotto il 2 aprile 1792 da Alexander Hamilton — segretario al Tesoro di George Washington, primo presidente degli Stati Uniti — il dollaro deve il suo nome alla deformazione del basso-tedesco «Daler» (Tallero). Il segno distintivo — una S attraversata da due barre — ha anch'esso una lontana origine storica. Si deve, anche in questo caso, alla deformazione del tratto con quale, nel secolo XVII, i funzionari spagnoli indicavano il pezzo da Otto Reali, d'argento, sui registri della «Casa de Contractaciòn de las Indias».

Dai blog