di WALTER MAURO LA COINCIDENZA di certi incredibili appuntamenti nel caso di Manuel Vàsquez ...
In questo testo si racconta una vicenda fra Spagna e Cuba di quelle esilaranti e un po' drammatiche, cui il romanziere di Barcellona ci aveva spesso abituati, in bilico fra il comico e il tragico. Tale condizione dell'io aveva matrici singolari e nuove, anche nelle modalità descrittive con cui si costruiva i suoi materiali polizieschi, e in particolare le avventure del commissario Carvalho, un personaggio del tutto atipico nel mondo della letteratura che si tinge di giallo: ama la buona cucina, si diletta di gastronomia in prima persona, fa salti di gioia quando dai commensali riceve piena soddisfazione, fa un tifo per il Barcellona che può anche assumere tonalità psicopatiche: e in quest'ultima simpatica tendenza c'è tanto di autobiografico. Nel quadro della letteratura iberica si presenta come una figura atipica, per il suo modo di narrare gli accadimenti, nell'immetterli lentamente all'interno della storia. Un simile processo — che lo ha reso celebre e gli ha procurato un'invidiabile serie di consensi - appare ancora più evidente allorquando Montalban abbandona il genere poliziesco, pur tanto caro, e svaria lungo più ampi territori della narrativa, in Gli allegri ragazzi di Atzavara del 1993, per esempio, e ancora in O Cesare o nulla, Dallo spillo all'elefante, Il Premio, soprattutto, dove una graffiante ironia lo sospinge verso il lieto fine delle solite manifestazioni letterarie, con il «già visto» così di moda da non provocar più neppure un malessere. E per rendere ancora più convincente ed esilarante la vicenda premiaiola, eccolo inserire nella trama un pizzico di misterioso ingorgo poliziesco. Convinto assertore della necessità di trattare la storia, soprattutto quella legata al mito e alla leggenda, in termini di necessaria lezione per gli uomini di ogni tempo, proprio di recente inventò una suggestiva vicenda legata al vecchio ciclo arturiano, Erec e Enide, rivestendola tuttavia di una nuova e diversa temperie di modernità. In questa sua tecnica di confronto fra realtà e magia, Montalban sapeva essere molto «spagnolo», in ogni frangente. Proprio in questo romanzo, per dirne una, la stessa vicenda del Santo Graal si sviluppa lungo tracciati descrittivi piuttosto diacronici nei confronti dell'autenticità della vicenda stessa, ma chi legge non si accorge delle varianti, delle libertà interpretative, perché queste ultime vengono presentate con agganci così rassicuranti nei confronti dell'immaginario da tingersi rapidamente dei colori del vero. Accanto a tutto questo, e come componente primaria di una fervida attività di scrittore, non va tralasciato di ricordare l'azione incisiva del saggista, che più rivela il suo impegno politico nella sinistra: Pasionaria e i settenani, Lo scriba seduto, E Dio entrò all'Avana, Marcos: il signore degli specchi; Io, Franco, una curiosa vicenda in bilico fra storia e invenzione che ebbe come protagonista, un po' scanzonato e inquieto, il dittatore di Spagna. Era molto spagnolo in tutto questo, interpretava la letteratura anche come un gioco meraviglioso dove poter situare tutto: le sue Riflessioni di Robinson davanti a centoventi baccalà la dicono lunga su Montalban buongustaio, ma anche la sua passione per le piante e il giardinaggio serve a completare l'identikit di Manolo: Il signore del bonsai va ricordato con tenerezza, come questa tragica e immatura fine.