Contraffazione, i francesi accusano l'Italia di lassismo
L'esclusivo Comitè, che seleziona severamente l'ingresso di nuovi associati, per regola introdotti da almeno due membri e votati da un collettivo, coglie inoltre, a Palazzo Farnese, sede dell'Ambasciata francese, l'occasione per un confronto sul tema della contraffazione anche con i suoi colleghi italiani riuniti sotto AltaGamma e sotto il Comitato Leonardo. L'assemblea del Comitè durerà tre giorni, fino al 19 ottobre e i presidenti delle maison che ne fanno parte saranno inoltre ricevuti al Quirinale. E nel primo giorno di incontri a Palazzo Farnese arriva subito il j'accuse: in «Italia avete leggi perfette ma non le fate rispettare». «I vu cumprà - incalza Bernard Lehamann, della Parfums Chanel - invadono con i loro prodotti contraffatti i vostri marciapiedi. Ho visto con i miei occhi le vostre forze dell'ordine che li obbligano a raccogliere nei loro fazzoletti le merci false. Ma loro restano impuniti, come del resto sono impuniti coloro che comprano le merci contraffatte». Infatti, in Francia le pene per il reato della contraffazione sono molto severe: il deputato francese Francois D'Aubert, ex ministro francese, e attualmente presidente del Comitato Nazionale Francese per la lotta alla contraffazione ha ricordato che le leggi del suo paese prevedono dal '94, la pena detentiva di due anni anche per chi compra il prodotto contraffatto. «Presto la pena - ha detto - aumenterà di un anno». La multa è invece di 300mila euro. Alle accuse contro gli italiani ha risposto Daniela Carosi, dell'Ufficio Brevetti e Marchi, che fa capo al ministero italiano delle Attività Produttive, impegnato in prima linea nelle nuove iniziative legislative sulla lotta alla contraffazione. «Stiamo mettendo in pratica - ha risposto - tutti i provvedimenti in merito al problema. L'Italia ha già fatto i suoi passi». Daniela Carosi ha invitato gli stati generali del Comitè Colbert a leggere il prototipo dell'opuscolo che il ministero delle Attività Produttive distribuirà nelle scuole, a fine anno, per cominciare a sensibilizzare l'opinione pubblica al problema. «Prodotto contraffatto? - è scritto sull'opuscolo - reato autentico. Scegli legalità e sicurezza. Puoi farlo!» Insomma, nella indisciplinata Italia, la ricezione della legge dovrà essere preceduta, come spesso accade da noi, da una campagna di moralizzazione. Del resto, come informa l'opuscolo del ministero, «l'Italia è al terzo posto nella classifica mondiale della contraffazione, dopo Cina e Corea, e al primo posto in Europa. In Italia il mercato dei beni falsi fattura dai 3 ai 5 milioni di euro, determinando una perdita di posti di lavoro (40mila negli ultimi dieci anni) e una perdita di introiti fiscali pari all'8,24% del gettito Irpef e del 21,3% del gettito Iva». In cima alla lotta contro la contraffazione c'è Louis Vuitton, che investe molto per combatterla. «Non può esistere un mondo dove non ci sia una protezione industriale - incalza Yves Carcelle, presidente di Louis Vuitton, capofila del gruppo Lvmh e marchio tra i più colpiti dalla contraffazione - non è un atto innocente comprare un prodotto contraffatto. È una partecipazione ad un atto criminale, dietro cui c'è il traffico di droga, prostituzione, ecc.»