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Oltre il genio del compromesso

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Nella sua vita non era mai sceso a patti quando si trattava di questioni di principio, ma sapeva bene che per il resto occorre una grande disponibilità a trovare punti di incontro, mediazioni, rassegnazione a contentarsi di conquiste parziali se non è possibile andar oltre. Comprendeva anche le piccole miserie degli stessi suoi amici di partito, ricordando che ai primi cristiani - che pure erano fervorosi e pii - San Paolo doveva rivolgere l'invito a sopportarsi a vicenda. Formato anche particolarmente nell'Italia irredenta, non ebbe la sofferenza dei politici italiani che dal 1870 si sentivano limitati nella loro azione pubblica dalla «Questione romana» che divideva duramente Stato e Chiesa. Può riconoscersi un simbolo di questo la tomba del Presidente (con il bellissimo monumento scolpito da Giacomo Manzù) collocata nell'atrio di quella Basilica di San Lorenzo dove volle esser sepolto Pio IX, il Papa del divieto ai cattolici italiani di far vita politica. Non solo. A parte questo scampato disagio personale, De Gasperi si trovò a guidare il risorto partito dei democratici cristiani quando già dal 1929 la Questione Romana era stata risolta con quei Trattati del Laterano di cui in una singolare ed imprevedibile convergenza con i comunisti, si fece esplicita menzione nella Costituzione della Repubblica. Si inaugura oggi a Roma una Mostra documentaria su De Gasperi, alla vigilia del cinquantesimo anniversario della sua morte. Vi sono testimonianze toccanti della sua stentata vita giovanile nel Trentino e poi a Vienna; e, via, via di uno snodarsi di una missione politica che va dall'organizzazione giovanile degli scioperi dei tagliatori di legna (i segantini) sottoposti a condizioni infami di lavoro alla lunga Presidenza del Consiglio dei Ministri. Momenti drammatici contrassegnarono via via questo lungo itinerario di un uomo eccezionale. Il suo inserimento nel Partito Popolare italiano e nel Parlamento avviene nella fase terribile dei fermenti del primo dopoguerra. Lo scontro passò subito da Montecitorio sulle piazze e divampò un desiderio di ordine in forza del quale gli italiani dettero fiducia a Mussolini, che tre anni prima non era riuscito nemmeno a farsi eleggere deputato a Milano. Deviati dall'aritmetica parlamentare, anche i popolari dettero fiducia iniziale al Governo Mussolini, dissociandosi pochi mesi dopo quando i fascisti ormai si muovevano all'insegna del «ci siamo e ci resteremo». Nella mostruosa legge elettorale prevaricatrice del 1923 (un quarto dei voti comportava tre quarti dei seggi) i popolari non seguirono De Gasperi e i suoi amici che volevano bloccarla. I popolari si erano astenuti e la legge Acerbo fu varata. I popolari stessi fecero lista autonoma (mentre Orlando e Salandra entrarono nel listone fascista) ed ebbero un certo successo, ma ormai tutto era perduto. L'assassinio dell'onorevole Matteotti fece precipitare gli eventi e si instaurò la dittatura. De Gasperi finì in prigione con una sconcertante sentenza che gli imputava - arrestato a Firenze - tentato espatrio clandestino. Rispetto ad altri leaders politici, riconquistò dopo qualche anno la libertà (vigilata) e nel clima della Conciliazione potè avere un modesto posto di lavoro in Biblioteca Vaticana. Pio XI resistette alle proteste del governo dicendo che si dovevano sentire molto deboli se avevano paura di un piccolo bibliotecario. Ricostruttore della Democrazia Cristiana e ricostruttore dell'Italia distrutta, De Gasperi fu al centro della vita pubblica del secondo dopoguerra, recuperando faticosamente per l'Italia una collocazione internazionale e avviando una politica di rinascita (potrei dire di nascita economica tenendo conto dei livelli sottosviluppati in cui eravamo, anche al di fuori delle distruzioni della guerra) e di avvio verso un europeismo che iniziò, con la messa a fattor comune del carbone e dell'acciaio, che avevano provocato per due volte lo scontro tra Germania e Francia. Non andò in porto - e De Gasperi morì profo

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