Nel 1954 la morte dello statista democristiano. Una mostra avvia le celebrazioni che dureranno un anno
Di De Gasperi, che è il primo padre dell'Italia democratica (aggettivo che preferirei a repubblicana, perché non fu mai un fanatico della forma istituzionale, se non all'ultimo, e per motivi di realismo politico), tranne gli ossequi rituali negli anniversari, negli anni successivi si erano quasi perse le tracce sul piano degli studi e del richiamo politico, un po' per un vizio italico di dimenticare i padri (a cominciare da quelli del Risorgimento), un po' per l' «ingombranza» della figura rispetto agli eredi (con alcune eccezioni) e infine perché non tutta la sua eredità veniva apprezzata, a cominciare dalla sua concezione del primato, in politica, della dimensione pubblica rispetto a qualsiasi altra forma di appartenenza, partitica, religiosa o quant'altro, e questo nonostante le sue forti convinzioni di uomo di partito e di fede. Di qui l'importanza della mostra, promossa e realizzata dalla Fondazione omonima, presieduta da Giulio Andreotti, e curata dalla figlia Maria Romana e dallo storico Pier Luigi Ballini, per rimettere a posto tanti tasselli dimenticati o sconosciuti, a partire dalla formazione giovanile, cattolica, ma non confessionale, fino alla battaglia degli ultimi mesi, perduta nelle elezioni del 1953, per dare all'Italia un sistema elettorale più efficace, per il quale ha dovuto attendere cinquant'anni. (A. G. R.)